Sonora la bocciatura sull'iniziativa contro l'allevamento intensivo. L'UTC: «Finalmente tiriamo un sospiro di sollievo»
Per la consigliera nazionale dei Verdi, invece, ha giocato un ruolo anche il particolare contesto storico-economico.
LUGANO - «L'esito non era sicuramente scontato, tanto che i primi sondaggi ci davano sfavoriti, specialmente in Ticino». È un sospiro di sollievo quello che tira il segretario dell’Unione ticinese contadini (UTC) Sem Genini dopo la bocciatura dell'iniziativa sull'allevamento intensivo, e sembra la sintesi del sentimento dell'intera categoria. «Abbiamo lavorato un anno per far conoscere alla popolazione la realtà dell'allevamento ticinese e svizzero. Non solo in Svizzera ci sono le leggi tra le più restrittive al mondo, ma abbiamo a cuore il benessere degli animali. E ci fa molto piacere sia stato capito», prosegue Genini.
Per il segretario dell'UTC, il titolo dell'iniziativa si è rivelato «particolarmente affilato». «Non è certo quello svizzero, l'allevamento intensivo. Eppure ci siamo trovati a dover spiegare cosa sarebbe successo nel caso fosse passato il "Sì". Sarebbero stati tagliati migliaia di posti di lavoro, sarebbero cresciuti il turismo degli acquisti, le importazioni, e i costi per le aziende. In molti avrebbero dovuto chiudere», ha sottolineato.
Per Genini il "No", ha dunque evitato ulteriori costi in generale: «Ci saremmo dovuti confrontare con un aumento dei prezzi, sia per le famiglie contadine che per i consumatori. C'era grossa preoccupazione, e non nascondiamo di aver temuto il peggio». «La categoria - conclude il segretario UTC - ha finalmente visto riconosciuto il proprio lavoro. Ricordiamoci che ormai ogni anno c'è una nuova iniziativa da andare a votare e questo, anche psicologicamente, non è affatto facile».
Gysin: «C'era da aspettarselo» - Se non scontato, l'esito della votazione era previsto, almeno secondo la consigliera nazionale dei Verdi, Greta Gysin, tra i sostenitori dell'iniziativa: «La bocciatura c'era da aspettarsela ed era già chiara dai sondaggi». Per Gysin aprire a questa tematica è stato comunque un passo importante: «Ha permesso a tante persone di rendersi conto che spesso non sappiamo cosa ci troviamo nel piatto, da dove viene il prodotto animale e in quali condizioni ha vissuto». Una discussione utile, quindi, «da fare di tanto in tanto per vedere se gli standard attuali sono sufficienti a soddisfare le nostre aspettative etiche».
Anche la parabola dell'iniziativa, che inizialmente sembrava vincente, non ha sorpreso la consigliera nazionale: «È sempre così. All'inizio il consenso è maggiore, poi diminuisce nel corso della campagna. Le iniziative hanno sempre vita difficile in Svizzera. Credo sia comunque importante lanciarle, anche su questi temi, anche se all'Unione dei contadini non piace e la categoria si sente continuamente attaccata. In realtà, ricordiamolo, la discussone riguarda tutta la società».
Per Gysin, l'esito è stato in parte deciso anche dal delicato contesto storico-economico: «Questo momento d'inflazione e insicurezza internazionale, con l'aumento generale dei prezzi e delle casse malati, non ha certamente giocato a favore».