È tempo di svolta energetica, ma pesa sulle tasche dei cittadini. L'esperto: «Aumenti dovuti a diversi fattori»
LUGANO - Da anni ci si muove in direzione di una svolta energetica che impone l’abbandono dei combustibili fossili a favore di nuove fonti "green". Una svolta che sta avvenendo in questo preciso momento storico, anche grazie alle recenti strategie climatiche.
Il particolare contesto che stiamo vivendo, ha voluto però che in questo frangente si venissero a creare condizioni tali da chiedere da una parte di velocizzare la svolta, ma dall’altra stanno facendo in modo che proprio quelle energie verdi, fino ad oggi disponibili a costi relativamente bassi, si stiano apprezzando considerevolmente.
Pane per i complottisti, ovviamente. Ma cosa sta avvenendo realmente? Abbiamo provato a chiederlo a Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e politica monetaria nell’Università di Friburgo.
Ci sono interessi macroeconomici che non si riescono a vedere? Cosa sta spingendo i prezzi in alto, non solo delle energie verdi, ma un po’ di tutte le fonti energetiche?
«Ci sono degli interessi ben costituiti che cercano in ogni modo di continuare sulla medesima rotta, ossia quella basata sui combustibili fossili, soprattutto il petrolio, perché ciò permette ai paesi che lo esportano di incassare delle ingenti somme di denaro con cui finanziare una parte della spesa pubblica. Ciò permette anche alle industrie petrolifere di realizzare dei lauti profitti, mentre le maggiori istituzioni finanziarie cercano di ottenere delle rendite esorbitanti dalle loro attività di speculazione nei mercati a termine, legati a queste fonti energetiche. Così facendo, i prezzi di tutte le fonti energetiche continuano a crescere, visto che l’aumento di prezzo dei combustibili fossili sposta la domanda verso le energie rinnovabili, la cui offerta è ormai chiaramente insufficiente».
Non solo gas, benzina, elettricità, ma anche la semplice legna o pellet sono schizzati alle stelle. Un complottista ci vedrebbe tranquillamente una strategia...
«Non si tratta di una strategia complottista, ma del risultato del notevole aumento dei prezzi delle materie prime energetiche dovuto a diversi fattori, in particolare i ritardi nelle forniture a seguito dei "lockdown" durante la pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina e gli effetti "boomerang" delle sanzioni contro la Russia. Ma anche la siccità durante la scorsa estate e i cambiamenti climatici che stanno diventando sempre più evidenti e irreversibili. Si tratta di una serie di fattori che si rafforzano a vicenda per quanto riguarda la loro pressione al rialzo sui prezzi dell’insieme dei vettori energetici, siano essi fossili o rinnovabili».
Soluzioni?
«Dovremmo prenderne atto e attuare rapidamente una svolta ecologica in modo tale che la Svizzera diventi autosufficiente per l’approvvigionamento energetico dell’insieme dei soggetti economici, vale a dire le famiglie, le imprese e il settore pubblico».
Una riflessione sul nucleare viene da sé.
«Le attuali centrali nucleari sono ormai vetuste e la loro produzione di energia elettrica genera delle scorie radioattive che impiegheranno fino a un milione di anni per essere smantellate nei depositi sotterranei. Le centrali nucleari di nuova generazione sembrano meno problematiche da questo punto di vista, ma per la loro attivazione bisognerà aspettare circa vent’anni, visto l’arco temporale necessario per la progettazione e la costruzione. Si tratta di un periodo di tempo che sarebbe meglio utilizzare per attuare la transizione ecologica con una svolta chiara e collettiva verso le energie rinnovabili, per il bene comune e l’interesse generale della popolazione mondiale a lungo termine».