L'associazione ticinese delle famiglie monoparentali chiede al Cantone un maggiore impegno.
LUGANO - «Ancora oggi non è facile per le vittime delle varie forme di violenza domestica (fisica, sessuale, psicologica o economica) vedere riconosciuta tale violenza, troppo spesso confusa con una semplice conflittualità genitoriale». È uno degli snodi cruciali della tortuosa via che separa i confini dei maltrattamenti e degli abusi con ciò che viene stabilito a volte non esserlo: snodo su cui l'Associazione ticinese delle famiglie monoparentali chiede una decisa presa di posizione inequivoca dal Cantone.
«In più occasioni come associazione abbiamo avuto modo di segnalare problemi e criticità legati alla scarsa consapevolezza del fenomeno della violenza domestica e delle sue conseguenze sulle madri vittime e sui figli - spiegano - e quasi un anno fa abbiamo inoltrato al Gran Consiglio Ticinese una petizione con cui chiedevamo un potenziamento non solo quantitativo ma in primo luogo qualitativo dei Punti d’incontro».
Questo per «tenere maggiormente conto dei casi di violenza domestica e del suo impatto, garantendo la sicurezza della madre e dei figli e stabilendo procedure chiare e uniformi». I membri dell'associazione sono stati ascoltati dalla Commissione Sanità e sicurezza sociale e hanno discusso direttamente con le associazioni che gestiscono i Punti d’incontro. «Siamo consapevoli che si stanno compiendo alcuni passi avanti in questo ambito, tuttavia – anche alla luce di un recente rapporto – ci chiediamo se il nostro Cantone stia facendo tutto il possibile per garantire una completa protezione dei bambini e delle madri vittime di violenza domestica».
Il dossier a cui fanno riferimento è quello redatto dal GREVIO, «un gruppo di esperti/e indipendenti» che mette in luce numerose carenze della Svizzera nella lotta alle diverse forme di violenze sulle donne.
Tra i punti evidenziati viene alla luce il fatto che «solo in casi eccezionali viene tolta l’autorità parentale congiunta al genitore autore di violenze domestiche e questo nonostante la persistenza del pericolo per la madre e il bambino». Inoltre sono stati segnalati casi in cui «è stato ritirato il diritto di custodia a madri vittime di violenza domestica adducendo come motivazione il fatto che i traumatismi provocati da tali violenze non permettevano loro di assumere in modo adeguato la custodia dei figli, invece di offrire loro misure di accompagnamento per sostenerle nell’esercizio della genitorialità».
Focalizzandosi sulla questione dei diritti di visita, il gruppo di ricerca ha osservato con preoccupazione come in Svizzera siano molto rare le «sospensioni del diritto di visita del padre autore di violenze, persino nei casi in cui la madre e il bambino si trovano in una casa protetta o in caso di provvedimenti restrittivi».
Per contrastare «la preoccupante banalizzazione di questa violenza e per ridurre i tempi ancora spesso troppo lunghi delle procedure davanti alle ARP o alle Preture sovraccaricate di lavoro - aggiungono i responsabili dell'associazione - occorrono maggiori risorse, strumenti e sensibilizzazione. Chiediamo dunque che le autorità del nostro Cantone prendano atto delle preoccupanti osservazioni del Grevio e si impegnino maggiormente nella tutela dei bambini e delle madri, applicando al più presto le raccomandazioni formulate nel rapporto».
In Ticino una famiglia su quattro è monoparentale o ricostituita: «crediamo che a fronte del costante aumento delle separazioni e dei divorzi che coinvolgono figli minori sia importante promuovere occasioni di incontro e scambio su questi temi. Il 28 novembre per esempio - annunciano - a Rivera abbiamo organizzato una Tavola rotonda sulla custodia alternata, con il sostegno dell’UFaG e promossa in collaborazione con SUPSI DEASS».