Circa il tre per cento della popolazione svizzera ha un problema comportamentale legato a questa dipendenza.
Abbiamo discusso della problematica con una psicologa e con la responsabile della concezione sociale e il direttore operativo del Casinò di Lugano.
LUGANO - Il gioco d'azzardo. Una piaga sommersa. Nascosta. Una dipendenza che nel 2017 colpiva circa il tre per cento della popolazione svizzera. Allora circa 192'000 persone erano considerate «a rischio» per un problema comportamentale legato al gioco eccessivo, mentre oltre 17'000 di loro sconfinavano addirittura nel «patologico».
Parola d'ordine: «Prevenzione»
Una vera e propria pulsione, quella per il gioco d'azzardo, che nel corso degli ultimi decenni è stata sempre più seguita e monitorata. Con i ventuno Casinò presenti su territorio svizzero che hanno giocato un ruolo chiave per quanto riguarda la prevenzione. Tra di loro vi è anche il Casinò di Lugano che ha messo sul tavolo (verde) diverse misure per contrastare questo fenomeno.
«Sulla prevenzione e sul gioco d'azzardo siamo regolamentati come tutte le altre case da gioco svizzere», ci spiega la responsabile della concezione sociale del Casinò di Lugano Giovanna Bernaschina. «Abbiamo elaborato un piano di misure sociali, come previsto dalla legge, per riconoscere precocemente il giocatore a rischio. Facciamo anche colloqui con i clienti regolari. Lo scopo comunque è quello di prevenire e non di vietare. A tal proposito è stato creato un sistema integrato di risorse che si estende anche attraverso la collaborazione con diversi enti comunali, volto allo sviluppo di nuovi progetti di conoscenza per ampliare l’informazione, l’assistenza a favore della tutela e della prevenzione».
Le fa eco il direttore operativo Andrea Camponovo. «È interesse del Casinò fare prevenzione e seguire la clientela affinché perduri nel tempo. Avere una clientela che frequenta il Casinò senza problemi è un nostro obiettivo». Un identikit dei clienti a rischio? «Principalmente sono i giovani tra i 18 e i 25 anni che non hanno ancora sviluppato l'idea della prevenzione e gli over-65 che spesso soffrono di solitudine».
A volte non basta
Ma non sempre la prevenzione dà i propri frutti. E spesso le case da gioco si vedono costrette a passare alle maniere forti. Come confermano le 72'126 esclusioni dai Casinò elvetici comminate nell'ultimo ventennio (2001-2020). «L'esclusione avviene al momento in cui la persona non è più consapevole delle sue azioni», spiega ancora Bernaschina, precisando che essa riguarda «ovviamente» tutti i casinò svizzeri compresi quelli online.
Nel vortice del gioco
Esclusioni (imposte) ed esclusioni (volontarie) vanno quindi a fermare quelle persone che hanno ormai perso il controllo. Non solo nelle case da gioco, ma anche al di fuori. «Cominciano i primi prestiti e le prime menzogne», precisa la psicologa dell'istituto di ricerca sul gioco d'azzardo (IRGA) Anna Maria Sani. «Vi sono cambiamenti d'umore e un calo d'interesse generale. Tutti segnali questi - sottolinea l'esperta - che il gioco d'azzardo ha invaso la loro vita, i loro pensieri e la loro mente». Andando a colpire anche i familiari. «Ho visto tante persone soffrire per la malattia del proprio congiunto e per il suo gioco compulsivo».
Concezione sociale
La psicologa studia questa patologia dalla fine degli anni '90 e sostiene i Casinò e i suoi dipendenti nella prevenzione. «All'interno delle case da gioco ho sviluppato la concezione sociale. Ossia prevenire le conseguenze negative legate al gioco d'azzardo. Tutti i giocatori - conclude Sani - devono avere accessibilità alle informazioni sui rischi legati al gioco d'azzardo e su quali misure mette in campo il Casinò, oltre che i numeri di aiuto esterno. La Legge federale, a ogni modo, obbliga tutti i Casinò a formare e aggiornare tutti gli anni il personale sia a riconoscere la malattia sia a intervenire con i giocatori».