Sono stati presentati oggi i prossimi passi del progetto (sostenuto dalla Confederazione) che fornirà più acqua alle turbine ticinesi.
BELLINZONA - Il Ticino ha fame d'energia. E per garantire una maggior sicurezza indigena nell'approvvigionamento, in un periodo particolarmente difficile per la produzione idroelettrica dovuto principalmente alla siccità (anche per questo l'AET nel 2022 ha fatto registrare la perdita più alta della propria storia), il Cantone ha deciso di innalzare la Diga del Sambuco di quindici metri. Secondo uno studio di fattibilità con questo potenziamento si potrebbe infatti aumentare la produzione invernale di 46 Gigawattora (GWh) contribuendo a diminuire i problemi di approvvigionamento nella stagione fredda.
La benedizione del DATEC - Un progetto, quello dell'innalzamento del bacino situato nel Comune di Lavizzara e che blocca di fatto il corso del fiume Maggia, che rientra tra i quindici progetti di potenziamento delle centrali ad accumulazione esistenti che vennero giudicati sostenibili dal profilo «ambientale», «tecnico» ed «economico» dal Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC) nel 2021. E di cui oggi il Cantone, l'Azienda Elettrica Ticinese e le Officine Idrolettriche della Maggia (OFIMA) hanno presentato i passi successivi. Il primo a prendere la parola è stato il Direttore del Dipartimento delle finanze e dell'economia (DFE), Christian Vitta. «È con soddisfazione che quest'oggi diamo un importante aggiornamento sull'innalzamento della Diga del Sambuco in Alta Val Lavizzara. È un progetto prioritario per aumentare la produzione idroelettrica invernale nel nostro Cantone e per favorire di riflesso la sicurezza dell'approvvigionamento energetico».
Una dipendenza da spezzare - Vitta ha poi ricordato che il popolo svizzero nel 2017 ha approvato la strategia energetica 2050 che prevede un abbandono graduale del nucleare, con la dismissione delle centrali che porterà a una riduzione di 22 TWh di produzione indigena all'anno. A questo fatto va poi sommato pure l'obiettivo di decarbonizzare la produzione di calore, la mobilità e diversi settori industriali - dando seguito al sì sulla Legge sul clima fuoriuscito lo scorso diciotto giugno dalle urne - con il conseguente aumento dei consumi pari a 14 TWh. «A medio termine - ha precisato Vitta - la Svizzera diventerà quindi ancora più dipendente dall'estero. E sappiamo cosa vuol dire. Soprattutto in un periodo in cui la mancanza di un accordo bilaterale con l'Ue e il conflitto in Ucraina hanno messo in evidenza i limiti di questa dipendenza».
Tre obiettivi - Per ridurre questa dipendenza Cantone e Confederazione si sono rimboccati le maniche e hanno proposto tutta una serie di misure che attualmente sono al vaglio del Parlamento federale. «Gli obiettivi - ha spiegato il Direttore del DFE - sono quelli di raggiungere i 39 TWh di energia rinnovabile di nuova produzione entro il 2050, di incrementare la produzione invernale entro il 2040 e di introdurre di un meccanismo della riserva di stoccaggio».
I due pilastri svizzeri - La produzione futura si baserà quindi su due pilastri: il fotovoltaico (in fase di crescita esponenziale) e l’idroelettrico, che manterrà il ruolo di colonna portante dell’approvvigionamento energetico svizzero. «L'innalzamento della Diga del Sambuco - ha ricordato Vitta - rientra a pieno in questo disegno».
Le priorità ticinesi - Gli obiettivi ticinesi riportati nel Piano energetico e climatico cantonale (PECC) ricalcano, ovviamente, quelli della Confederazione. Per il nostro Cantone le priorità sono la riduzione dei consumi e delle emissioni e l'aumento della produzione tramite fotovoltaico e idroelettrico. «Sono obiettivi molto ambiziosi», ha ammesso Claudio Zali, precisando che il Dipartimento del Territorio (DT) si sia posto la priorità di produrre di più senza «mortificare» ulteriormente l'aspetto ambientale. «La speranza è di ridistribuire addirittura un po' d'acqua all'ambiente in futuro».
Il progetto - Nello specifico Il progetto prevede di innalzare la diga di quindici metri, portandola dagli attuali 130 a 145 metri di altezza. Un intervento che consentirà di aumentare del 27% la capienza del lago, per un totale di 80 milioni di metri cubi, corrispondenti a un potenziale di 46 GWh di energia invernale supplementare. «Ed è proprio questa capacità - ha precisato il Direttore dell'OFIMA Marold Hofstetter - che ha convinto la Confederazione a inserire il Sambuco tra i quindici progetti nazionali. Una capacità che in Ticino è seconda solo a quella della diga del Luzzone». Un altro punto a favore è la conformazione della valle che permette «un ampliamento del bacino e della diga con un impatto limitato a livello ambientale e paesaggistico».
Cinque cantieri - Il progetto comprende cinque cantieri. A quello principale relativo all'innalzamento della diga del Sambuco si affiancheranno infatti il rinnovo completo e il potenziamento della centrale di Peccia, che sarà dotata di due nuovi gruppi di produzione e di due pompe più potenti, lo spostamento della strada Sambuco-Naret e l'ampliamento del pozzo piezometrico e del bacino di compenso.
Nelle mani dell'AET - L’impianto di Peccia passerà nelle mani di AET nel 2036, come stabilito dal processo di riversione degli impianti di OFIMA votato dal Gran Consiglio ticinese nel giugno del 2021. Il progetto di innalzamento della diga del Sambuco viene quindi sviluppato congiuntamente dall’attuale e dal futuro proprietario sotto la supervisione del Cantone.
Le quattro fasi - Conclusi gli studi di fattibilità e gli esami ambientali preliminari e avviata la procedura di modifica del Piano direttore cantonale, l’innalzamento è ora entrato nella fase di progettazione di massima. OFIMA e AET prevedono di ottenere le necessarie autorizzazioni nei prossimi anni, per avviare la fase esecutiva entro il 2026. I lavori di innalzamento della diga e quelli di rinnovo della centrale si protrarranno per quattro anni e richiederanno un investimento di oltre 120 milioni di franchi. «La spesa è ingente, ma fino al 60% dei costi potrebbe venir coperto dalla Confederazione e questo è un grosso vantaggio», ha precisato il Direttore dell'AET Roberto Pronini ricordando come questo enorme cantiere potrebbe avere anche «un ritorno d'immagine» e «un potenziale turistico» per l'Alta Valle Maggia, come già successo in Leventina per la centrale del Ritom.