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CANTONE«Come se dopo una vita di silenzio, avessimo ritrovato la voce»

17.10.23 - 06:30
Elezioni federali, votare donna: perché si insiste tanto? «È un momento storico decisivo», spiega Athina Greco del Servizio per le pari opportunità.
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«Come se dopo una vita di silenzio, avessimo ritrovato la voce»
Elezioni federali, votare donna: perché si insiste tanto? «È un momento storico decisivo», spiega Athina Greco del Servizio per le pari opportunità.

BELLINZONA - Votare donna. È più di uno slogan. È un grido forte che attraversa tutta la Svizzera in vista delle imminenti elezioni federali. Indipendentemente dai partiti. Suscitando tanta simpatia, ma anche emozioni contrastanti. L'invito esplicito e martellante al voto rosa può causare l'effetto contrario? «Il rischio in alcuni casi può esserci – ammette Athina Greco, collaboratrice scientifica del Servizio per le pari opportunità –. Ma è necessario continuare a sensibilizzare la popolazione sull’argomento». 

Ecco, contestualizziamo. 
«La donna dopo secoli di disuguaglianze e discriminazioni sta cercando di conquistare gli spazi e la voce che le spettano. In questa fase di transizione dunque è possibile anche risultare insistenti. Ma la domanda che dobbiamo porci è: perché smettere di parlarne se la posta in palio è così alta? È come se una persona per una vita fosse impedita nell'esprimersi e da un momento all'altro ritrovasse la sua voce. È normale che a quel punto si faccia sentire»

Ora in ballo c'è il ruolo femminile nella politica...
«La politica dovrebbe rappresentare in maniera equa tutta la popolazione. Avere Parlamenti composti da una stragrande maggioranza di uomini non è rappresentativo. La democrazia dovrebbe includere la parità di genere sempre, è un principio morale oltre che ancorato alla legge. In realtà la parità di genere non dovrebbe essere interpretata come una lotta solo per le donne. Riguarda l’intera popolazione. Tutti e tutte possono beneficiare di una società più giusta e inclusiva». 

Indipendentemente dal sesso, andrebbe votata la persona per le argomentazioni che porta. O no?
«Chiaramente a essere decisive sono le argomentazioni. Ma in lista ci sono tantissime candidate valide. L'elettore a volte è frenato da stereotipi di genere, talvolta inconsci, che portano a votare un uomo. Ecco perché ci troviamo a dovere insistere: urge un mutamento della mentalità collettiva». 

Nel 2019 si è già registrata una svolta: elette nel Consiglio nazionale il 42% di donne e nel Consiglio agli Stati il 26%.
«Sì. Dati incoraggianti. Ma non ci si deve accontentare. Non sono cifre sufficienti per una vera parità. 

Cosa può portare una donna alla politica?
«Donne e uomini durante la propria vita hanno esperienze diverse. E quindi sviluppano sensibilità differenti. Certi temi li puoi affrontare in maniera completa solo quando ci sono anche voci femminili in un numero soddisfacente. Va detto che molte donne in gamba nemmeno si candidano perché sono prigioniere di retaggi del passato. Si autocensurano». 

Come spiega questo fenomeno?
«C'è ancora l'idea, completamente errata, che l'uomo sia più portato per cariche politiche importanti perché un tempo lo spazio pubblico e i ruoli gestionali erano prerogativa maschile, mentre la donna è considerata emotiva e non fredda nelle decisioni. Il problema degli stereotipi di genere è riscontrabile ovunque». 

E continua a riguardare anche il mondo del lavoro...
«Gli uomini ricoprono la maggior parte delle posizioni strategiche. In Svizzera nei consigli d'amministrazione solo il 29% è donna. Nelle direzioni solo il 19%. Ci sono ancora aziende che non assumono donne sui 30 anni perché immaginano che presto andranno in maternità. Per non parlare della differenza salariale. C'è ancora tanto da fare. E quindi più che mai legittimo continuare a parlarne». 

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