Il professore dirige a Losanna l'unico laboratorio svizzero che effettua questo tipo di analisi sul grande predatore
LOSANNA - Ogni volta che un lupo viene abbattuto in Svizzera l'identificazione genetica dell'animale viene effettuata all'Università di Losanna. Il professor Luca Fumagalli dirige l'unico laboratorio svizzero che analizza il DNA del grande predatore.
Gli specialisti dell'ospedale veterinario dell'Università di Berna si occupano di determinare le circostanze della morte dell'animale o il suo stato di salute. L'analisi più dettagliata si svolge invece presso il Laboratorio di biologia della conservazione (LBC), istituito nel 1998 presso il Dipartimento di Ecologia ed evoluzione dell'Università di Losanna (UNIL). Questa si basa sul campionamento diretto dei tessuti del predatore.
Ma questo laboratorio è innanzitutto stato pioniere delle analisi genetiche chiamate non invasive, vale a dire senza prelievi diretti sugli animali selvatici. Un vantaggio quando si tratta di specie quasi invisibili come il lupo.
Campioni anonimi
«Lavoriamo principalmente sulla base di campioni trovati sul campo, depositati durante il passaggio di un animale, quali defecazioni, peli o saliva. E non su animali catturati o osservati. Questi campioni ci vengono inviati in forma anonima, per tutte le specie», spiega a Keystone-ATS il creatore e direttore del LBC Luca Fumagalli.
«In effetti, queste sono le analisi più complicate e lunghe da effettuare, perché il DNA è molto degradato. È l'opposto del prelievo di un campione di sangue o di un campione di tessuto muscolare, per esempio», spiega il professore di biologia.
Dal 1999, il ticinese e la sua squadra hanno ricevuto un mandato dall'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM) concernente in particolare il lupo, con in media 300-400 campioni da analizzare all'anno, sempre non invasivi. Da tre anni a questa parte il numero è passato a circa 2000.
Il suo laboratorio collabora con la fondazione KORA, che si occupa di ecologia dei carnivori e gestione della fauna selvatica, responsabile del monitoraggio dei grandi predatori. È questa fondazione che monitora e documenta le popolazioni di lupi in Svizzera.
Lupi abbattuti: analisi semplici
L'analisi genetica dei lupi abbattuti nei cantoni rappresenta solo una minima parte delle cosiddette analisi «non invasive», sottolinea il direttore del LBC. «D'altra parte sono le analisi più facili da effettuare perché riceviamo un campione biologico ricco di materiale genetico, cioè un pezzo di muscolo o di altro tessuto dell'animale», afferma.
Tali campioni vengono introdotti anonimamente in un totale di un'ottantina inviati al LBC ogni quindici giorni per essere analizzati. Qualunque sia il campione inviato, non vengono fornite indicazioni sul giorno, il luogo o le circostanze dell'abbattimento, per non falsare i risultati.
«Vengono mescolati agli altri campioni da analizzare» rileva Fumagalli. Come per le analisi non invasive, il professore deve determinare se le tracce che gli vengono sottoposte provengono realmente da un lupo e se si tratta di un esemplare già identificato o meno. Gli capita quindi di analizzare diversi campioni di uno stesso lupo.
In quasi 25 anni di carriera, Fumagalli ha già inventariato circa 530 lupi nella sua banca dati. Si tratta di esemplari che hanno transitato dalla Svizzera, che sono attualmente su suolo elvetico, che sono partiti o che sono morti, precisa.
Stessa discendenza genetica che in Italia
Il LBC è un laboratorio di ricerca fondamentale. La squadra composta da una decisa di persone, di cui tre a tempo parziale esclusivamente per il lupo, lavora sulla genetica delle popolazioni selvatiche. L'obiettivo è di ricostruire la storia dell'evoluzione genetica di una specie, come ad esempio il lupo.
«I lupi che si trovano in Svizzera appartengono praticamente tutti alla stessa discendenza genetica, cioè quella che caratterizza la popolazione selvatica italiana ed è presente solo in quest'ultima, dove è rimasta una piccola popolazione residua, come in Spagna o nei Balcani, dopo che il lupo è stato sterminato quasi ovunque nel XX secolo», spiega il professore. «Circa un secolo fa era destinato a scomparire».
«Poi è tornato da solo, attraverso una ricolonizzazione naturale dal centro-sud al nord dell'Italia, ed è arrivato nelle Alpi alla fine degli anni '80», continua. «Quindi è sempre importante ricordare che il lupo non è mai stato reintrodotto o introdotto», insiste Fumagalli.