Professionisti sanitari in Piazza il prossimo 17 aprile. Franco Denti, presidente dell'Ordine dei medici: «Siamo alla canna del gas».
BELLINZONA - L'appuntamento è per mercoledì 17 aprile a Bellinzona. È lì che i professionisti sanitari danno appuntamento alla popolazione per una giornata simbolica di protesta. Quella che potrebbe sembrare una simpatica iniziativa in realtà per molti appare come un grido strozzato. «Un grido d'aiuto – conferma Franco Denti, presidente dell'Ordine dei medici ticinesi –. Siamo alla canna del gas».
Perché scendete in Piazza?
«Perché chi lavora per la tutela della salute pubblica non ce la fa più. E non parlo solo dei medici. Cito anche gli infermieri, i fisioterapisti, gli assistenti di cura... La lista è lunga».
Quali sono i problemi?
«Partiamo dalla burocrazia. È troppa. Anneghiamo nella burocrazia. Uno decide di fare un mestiere sanitario per aiutare la gente. Non per compilare formulari. Il fenomeno è crescente e rende sempre più usurante le professioni della salute».
Intanto è sempre più allarme infermieri.
«Ci sono turni massacranti. Scarsi riconoscimenti. E poi si passa tanto tempo al computer a registrare prestazioni. Tanti infermieri smettono. Cambiano lavoro. Secondo lo studio Prosan il fabbisogno di infermieri in Ticino è di 10'300 infermieri, ossia circa 2'700 in più rispetto al 2015. Bisognerebbe cambiare il paradigma con cui si gestiscono le cure infermieristiche».
Scarseggiano, e non è una novità, anche i dottori...
«I medici in Ticino sono circa 1'800: 830 negli studi medici. I medici di famiglia sono circa 281. Circa 190 medici hanno più di 65 anni e vi è un vuoto nella fascia d’età tra i 50 e i 59 anni. Scarseggiano eccome».
C'è la paura di entrare in un contesto troppo stressante?
«Mancano condizioni necessarie per promuovere un equilibrio tra vita professionale e vita privata. La professione del medico è molto impegnativa dal punto di vista fisico e psichico. Se aggiungiamo l’incertezza sul futuro dovuta a scelte scellerate della politica è chiaro che l’attrazione verso la nostra professione viene meno».
Una volta il medico non aveva orari praticamente. Oggi vuole lavorare meno.
«Adesso la medicina è molto più complessa rispetto al passato. Tutto è più veloce e vi sono nuove esigenze nella vita professionale del medico. La salute non può essere considerata solo in termini di costi e risparmi».
Però i medici guadagnano tanto.
«Falso luogo comune. Oggi, pur ammettendo che vi è una differenza tra le varie specialità, il riconoscimento economico mediano di un medico è di circa 180'000 franchi annui. Ricordiamoci che un medico inizia a lavorare attorno ai 30 anni circa, gli mancheranno anni di cassa pensione. Stiamo pur sempre parlando di chi ha investito tanti anni di studi universitari per apprendere una professione».
Sempre più personale sanitario arriva dall'estero.
«Siamo al teatro dell’assurdo. Ci mancano medici e ne formiamo troppo pochi. Una volta formati, quei pochi medici si trovano poi bloccati nella libera professione da decisioni politiche incomprensibili. La recente notizia di avere aumentato del 2,3% i laureati in medicina, seppur positiva, non colma di certo l’enorme gap che si è generato. Il numero di medici stranieri in Svizzera è passato da 9'756 nel 2013 a 16'590 nel 2023».
Da dove provengono questi medici?
«La maggior parte dalla Germania e dall’Italia, ma pure dalla Siria, dalla Romania, dalla Grecia, dalla Russia e dalla Turchia. Sicuramente sono qualificati ma non hanno la cultura sanitaria della presa a carico del paziente che ci contraddistingue da sempre».
La memoria torna al 2006 con la grande manifestazione a Berna. Quel giorno scesero in piazza 12'000 professionisti sanitari.
«Lanciavano l'allarme sulle condizioni di lavoro delle professioni della salute. E sulla carenza di medici, in particolare di medici di famiglia e di infermieri. La politica è rimasta sorda a questi appelli e si limita a parlare di sanità soltanto quando arrivano i premi di cassa malati da pagare, senza peraltro trovare alternative se non quelle di abbassare le tariffe ai medici, agli ospedali e alle cliniche».
Ora volete incontrare la gente.
«Sì. È così. Siamo preoccupati per il precariato che sta colpendo il nostro lavoro e il sistema sanitario ticinese. Non potremo più garantire le cure di oggi nei prossimi anni. Siamo in difficoltà. Chiediamo aiuto e sostegno ai pazienti. E soprattutto comprensione e appoggio per quanto riguarda le sfide future».