Il figlio pranza a casa. Ma a una famiglia ticinese è stato comunque intimato di pagare 385 franchi per la mensa della scuola dell'infanzia.
BELLINZONA - È un’imposizione che non vige in nessun altro cantone rossocrociato. Ma in Ticino sì. È la mensa obbligatoria alla scuola dell’infanzia, e ci sono genitori che vogliono abolirla a tutti i costi.
«Alcune famiglie, pur di evitare questa costrizione, hanno spostato i loro figli nelle scuole private, oppure si sono trasferite nei Grigioni o in Italia. E altre ancora stanno pensando di farlo», ci dice il presidente dell’associazione ARIPE, nata nel 2019 proprio con l’obiettivo di eliminare l’obbligo di refezione alla scuola dell’infanzia. Per questa minoranza di genitori, infatti, passare la pausa pranzo all’asilo dovrebbe sempre essere facoltativo, non soltanto al primo anno.
«Che senso ha?» - «Che male c’è a voler condividere il pasto con i propri bambini? E che senso ha obbligarli a pranzare a scuola quando sono ancora molto piccoli se poi alle elementari e alle medie tornano a casa tutti i giorni e ci stanno un’ora e mezza? La mensa dovrebbe essere un servizio, non un obbligo», osserva, precisando che dietro alla volontà di far pranzare i figli a casa ci sono svariate motivazioni.
«Come se il certificato medico non contasse nulla» - «Per diverse famiglie è semplicemente una questione di unità familiare. Altre hanno bambini ipersensibili, che soffrono l’iperstimolazione che comporta il pranzo comune in mensa e il restare all’asilo sette ore di fila. Ci sono poi bambini che soffrono di disturbi del sonno e altri che hanno esigenze alimentari particolari». E a dare particolarmente fastidio «è il fatto che i certificati medici in cui viene chiesta l’esenzione dall’obbligo di refezione vengono spesso e volentieri rifiutati. Come se un certificato medico non contasse nulla».
Nessun pasto consumato, ma «c'è l'obbligo di pagamento» - Quello di una famiglia il cui figlio frequenta la scuola dell’infanzia di Riva San Vitale, è, in questo senso, un caso emblematico. «Hanno ricevuto una fattura di 385 franchi per la refezione scolastica. Ma il bambino non ha consumato nemmeno uno dei 77 pasti conteggiati per il periodo settembre 2023-gennaio 2024». Questo, per il Comune, non sembra però contare, dato che la deroga alla refezione chiesta dalla famiglia e il certificato medico presentato sono stati respinti. E non viene data importanza nemmeno al fatto che la famiglia, di fronte a tale decisione, abbia presentato ricorso al Consiglio di Stato. «Il reclamo non sospende dall’obbligo di pagamento della fattura», ha infatti scritto il Comune in risposta alle lamentele dei genitori.
Spese a carico dei contribuenti - Queste famiglie, però, non si arrendono. E si dicono pronte a lottare per la causa. «C’è qualcosa che non va nella legge ticinese e, se i nostri ricorsi al Consiglio di Stato non dovessero essere accolti, siamo pronti ad andare fino al Tribunale federale e alla Corte europea dei diritti dell’uomo», sottolinea il presidente di ARIPE. «Va detto, peraltro, che le spese relative ai pasti della scuola dell’infanzia sono, almeno in parte, coperte dal Comune, e quindi dai contribuenti. Se i bambini che lo desiderano mangiassero a casa ci sarebbero dunque meno spese per tutti».
Intanto il Comune di Riva San Vitale, da noi interpellato, sceglie di non rilasciare dichiarazioni sul caso da noi esposto: «Fintanto che c’è un contenzioso in atto non possiamo esprimerci». A dirci qualcosa è invece la Sezione delle scuole comunali del DECS.
Il DECS: «Valore aggiunto della scuola ticinese» - «Il momento del pranzo, alla scuola dell’infanzia, è considerato parte integrante dell’attività didattica, pedagogica ed educativa», viene sottolineato. «Per molte famiglie disporre di un servizio di refezione inteso pure come momento che permette di sensibilizzare tutte le bambine e i bambini all’importanza di un’alimentazione sana ed equilibrata è un’opportunità educativa apprezzata e un valore aggiunto offerto dalla scuola ticinese».
«L'esonero? Si valuta caso per caso» - E, riguardo ai certificati medici: «Il Regolamento delle scuole comunali, modificato in seguito alle decisioni prese dal Parlamento ed entrate in vigore con il corrente anno scolastico, definisce i motivi per cui è possibile ottenere un esonero per allieve e allievi che frequentano gli anni obbligatori. Il certificato medico contiene informazioni che sono valutate dalla scuola coinvolgendo se necessario il servizio della medicina scolastica. Se i criteri per l’esonero sono rispettati, questo viene concesso».
I suddetti criteri, non possiamo fare a meno di osservare, sono però lontani dall’essere ben definiti. Secondo il Regolamento delle scuole comunali, infatti, «eventuali dispense, presentate per iscritto dai detentori dell’autorità parentale, sono accordate dalla direzione di istituto per ragioni mediche comprovate da un progetto di accoglienza individualizzato e/o per ragioni educative avallate dall’ispettorato».
Una mancanza di specificità, questa, che stando al DECS è in realtà voluta: «Il regolamento permette alle direzioni scolastiche e agli ispettorati di valutare e analizzare ogni tipo di situazione, anche particolare, caso per caso. Questo è nell'interesse delle famiglie ma soprattutto delle allieve e degli allievi, che sono al centro delle nostre decisioni».