Il linguaggio non verbale tra pericoli, mobbing e psicosi
LUGANO - Una stretta di mano troppo forte può avere un significato diverso dal semplice fatto di voler trasmettere l’immagine di una persona sicura? O può rappresentare addirittura una minaccia? L’occhiolino fatto dal superiore sul posto di lavoro a un dipendente o la pacca sulla spalla, possono nascondere dei sottintesi o sono solo frutto di un rapporto di confidenza?
«Dipende». Questo il mantra di esperti, psicologi e docenti di comunicazione e formazione. Il corpo infatti «parla». Decisivo è però riuscire a comprendere i messaggi inviati ma soprattutto capire se si nasconde qualcosa dietro l’apparenza.
Ha fatto discutere, di recente, il caso di un imprenditore di Cantello che, per aver stretto la mano con troppa energia a due ispettori del lavoro che si erano presentati in azienda per delle verifiche, è attualmente sotto processo perché tale veemenza sarebbe stata intensa come una sorta di minaccia.
«Il luogo di lavoro è sicuramente un posto dove è sempre molto difficile e rischioso usare il linguaggio del corpo per lanciare messaggi. La possibilità di fraintendimento è troppo elevata. Se tutte le segnalazioni e i casi di presunto mobbing da me trattati e derivanti proprio da questa forma di linguaggio fossero reali, la situazione sarebbe allarmante. La statistica è certamente in aumento, e questo è un fatto, ma è condizionata da molteplici fattori. Io stesso ricevo molte indicazioni che vanno però analizzare caso per caso», spiega il dottor Marco Celoria (Specialista Fsp in psicologia clinica e psicoterapia - Presidente Accademia Psicoterapia Psicoanalitica).
Capita ovviamente che ciò accada ma è necessario «in psicologia verificare se un certo comportamento si ripete, perché un singolo episodio non è di per sé significativo». Ecco allora che una stretta di mano non sempre «se data con energia sottintende un significato di aggressività, può essere invece al contrario espressione di spavento, una reazione. Così come abbassare lo sguardo può significare timidezza o rispetto ma non per forza sottomissione».
Ecco dunque l’enorme possibilità di fraintendimenti che può emergere da un gesto non verbale ma solo fisico. «Sono situazioni spesso dovute anche al fatto che ultimamente si è diffusa sempre di più la comunicazione (anche in periodo Covid) via social, mail o pc e si è così perso il contatto fisico», aggiunge Celoria.
«Anche l’occhiolino fatto dal datore di lavoro, specie se nei confronti di una donna, è un terreno minato. Anche in tale situazione bisogna valutare ad esempio, se è usanza del capo farlo, se è un suo modo di comunicare così come magari mettere una mano sul braccio. Il confine è certamente molto labile sia per chi potrebbe sentirsi in qualche modo minacciato sia per chi invece si potrebbe sentire ingiustamente accusato per un modo di fare abituale», sipega il dottore.
Un presupposto fondamentale è che in occidente «la scissione tra mente e corpo è molto forte. Spesso è come se fossero due entità separate ma non è assolutamente così: sono parte di uno stesso insieme che è il corpo umano. È come se fossero palmo e dorso della stessa mano e perciò il linguaggio corporeo è nell’80% dei casi una forma di comunicazione chiara che può trasmettere messaggi diretti o indiretti (spesso inconsci). E proprio in tale crinale può capitare che si possano creare dei fraintendimenti», spiega il dottor Celoria.
E il rischio è anche che certe situazioni possano avere ricadute psicologiche. «Ogni giorno vediamo e trattiamo situazioni in cui il corpo lancia un messaggio. I problemi maggiori sono però legati spesso ai casi di doppio messaggio - interviene il direttore del Centro terapeutico Villa Argentina di Lugano, Mirko Steiner - Ovvero il datore di lavoro dice verbalmente una cosa ma con la gestualità trasmette un altro input. E ovviamente cresce la possibilità di errore e di tensione per chi deve capire come comportarsi»
Sono realtà che oltre a tradursi in casi di mobbing possono «psicotizzare l’individuo. Farlo stare male e ammalare. Gli fanno perdere fiducia. E se in certe situazioni si tratta di banalità, come la persona che verbalmente dice di non volere regali a Natale e poi con i gesti fa intuire il contrario, quando ciò si applica in ambito lavorativo possono nascere problemi», spiega il direttore.
Diverso invece è il tema delle bugie che «tutti noi diciamo ogni giorno, nessuno escluso. E se ci sono quelle piccole, le bugie bianche, che non fanno male a nessuno, differente è la realtà quando si mente per motivi seri. Ciò però si distacca dall’uso del linguaggio del corpo». In conclusione nella «mia esperienza clinica ho notato come siano in crescita situazioni simili in cui si vuole parlare con il corpo. Si è inoltre diventati anche sempre più narcisisti e questo influisce».