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CANTONEDopo nove anni ancora fermi: «Ritardo grave, ma è la norma»

05.06.24 - 06:30
L'ex procuratore Maghetti sulla vicenda dell'uomo arrestato nel 2015 per un buco plurimilionario. A luglio il caso forse si riapre.
Ti-Press (archivio)
Dopo nove anni ancora fermi: «Ritardo grave, ma è la norma»
L'ex procuratore Maghetti sulla vicenda dell'uomo arrestato nel 2015 per un buco plurimilionario. A luglio il caso forse si riapre.

LUGANO - Nove anni e la vicenda è ancora ferma al Ministero pubblico. Fa discutere il grosso ritardo sul caso del 48enne bellinzonese arrestato a inizio 2015 per avere creato un buco plurimilionario dopo una serie di operazioni immobiliari. Una trentina di creditori lo attende al varco. Gente che aspetta ancora un risarcimento. A luglio l'imputato, che all'epoca scontò sei mesi di carcere preventivo, dovrà presentarsi in via Pretorio a Lugano. Il caso si riapre. Forse.

«Tempistica carente» – Le tempistiche della vicenda, che è legata all'altrettanto infinito caso Adria (il processo si tiene in queste settimane), suscitano qualche perplessità. A esprimerle è Luca Maghetti, avvocato ed ex procuratore. «Questo ritardo è grave e triste. Purtroppo accadono troppo spesso situazioni simili. Per quanto riguarda i reati finanziari in Ticino siamo confrontati con una sotto dotazione di personale inquirente. E dunque siamo carenti nella tempistica».

«Servirebbero più procuratori» – Maghetti cita il canton Zurigo, dove la popolazione è il triplo rispetto al Ticino. «Lì ci sono 120 procuratori pubblici. Proporzionalmente in Ticino dovremmo avere almeno 40 procuratori. E invece ne abbiamo la metà. Se ne parla da tanti anni, ma l'ipotesi di un potenziamento delle forze è tabù».

«Incarti molto complessi» – L'incarto legato al buco plurimilionario creato dal 48enne bellinzonese col tempo è passato nelle mani di ben tre procuratori. Ora se ne occupa Daniele Galliano. «Atti come quelli non sono una passeggiata da affrontare – sostiene Maghetti –. Sono complessi. Estremamente tecnici. Già per questo dovrebbe seguirli qualcuno che non è legato al flusso quotidiano delle questioni giudiziarie. In altre parole: un procuratore che possa sganciarsi dalla routine anche per qualche mese, in modo da comprendere a fondo ogni questione e ogni argomentazione delle parti in causa. Un po' come accade a livello federale».

«Ulteriore ritardo» – Un modo di operare che secondo Maghetti sarebbe impossibile allo stato attuale delle cose. «I nostri procuratori sono bravi. Ma devono portare avanti tutto insieme. Le questioni grosse come quelle meno grosse. È un limite del nostro sistema. Ed è ovvio che quando una nuova persona prende in mano l'incarto, necessita di tempo per comprenderlo. Si genera dunque ulteriore ritardo. Con conseguenze temporali serie e danni incalcolabili».   

E il Ministero pubblico cosa dice?
Come è possibile che alcuni casi vadano così tanto per le lunghe? Tio.ch lo ha chiesto direttamente al portavoce del Ministero pubblico. «L’andamento di un procedimento penale – spiega – è determinato da numerosi fattori. In primis la complessità del caso: nel settore dei reati economico finanziari un’inchiesta richiede sovente complesse ricostruzioni contabili su un arco di più anni che necessitano di diverso tempo».
Questo dopo aver acquisito la documentazione bancaria anche presso diversi istituti di credito. «Poi va considerato il numero delle parti coinvolte (come imputati o accusatori privati). Inoltre le strategia dei rappresentanti legali delle parti: ogni atto istruttorio può essere impugnato esigendo quindi una decisione incidentale di una Corte superiore».
Ma non è tutto: il turnover dei magistrati e il loro sovraccarico di lavoro fanno il resto. «A rendere ulteriormente complicato lo svolgimento degli accertamenti c'è anche il fatto che spesso, in sede di ricostruzione, è necessario ricorrere a richieste di assistenza internazionale in materia penale (rogatorie) la cui evasione dipende dalle autorità estere».

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