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CANTONE«Seminario a lungo rifugio per gay in fuga dai pregiudizi»

20.06.24 - 06:30
Il teologo Alberto Bondolfi analizza il tema della “frociaggine” sollevato dal Papa. Voto di castità per i preti verso il capolinea?
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«Seminario a lungo rifugio per gay in fuga dai pregiudizi»
Il teologo Alberto Bondolfi analizza il tema della “frociaggine” sollevato dal Papa. Voto di castità per i preti verso il capolinea?

LUGANO - Il tema della "troppa frociaggine" nei seminari sollevato da Papa Francesco ha fatto il giro del mondo. Declinato in mille sfumature. Una cosa è certa: il Pontefice, pur esprimendosi in modo discutibile, non ce l'aveva con i gay. «Ha semmai messo sul tavolo un tema scomodo su cui si è parlato poco finora», spiega a tio.ch il teologo Alberto Bondolfi, professore emerito di etica all'Università di Ginevra.

Dietro le parole del Papa c'è il seminario visto come un luogo di rifugio per omosessuali?
«In un certo senso sì. Gli omosessuali maschi fino a pochi decenni fa non avevano vita facile nella società civile. Chi provava pulsioni verso persone dello stesso sesso a volte si sentiva più al sicuro in un ambiente fortemente tradizionale. Lì almeno non si sarebbe sentito perseguitato come in famiglia».

Perché fuggire proprio in seminario?
«Perché era un luogo in cui il sesso teoricamente era tabù, e considerato come colpa grave verso Dio e verso il prossimo. Non se ne parlava e non veniva praticato. In seminario la vita sessuale era messa tra parentesi. E comunque almeno dal punto di vista del prestigio il ruolo del prete aveva un impatto sulla società. Nonostante l'omosessualità non condivisa dalla società, ci si sentiva comunque qualcuno».

D'accordo. Ma cosa poteva cercare un omosessuale in un seminario?
«A volte semplicemente la pace. Eri in un posto protetto in cui nessuno ti giudicava». 

Sappiamo però che non sempre la castità è stata rispettata. Anzi.
«Nei casi più felici la sessualità non veniva praticata. Al massimo in modo soft. Altri invece l'hanno praticata, lottando a lungo contro la clandestinità».

Si dice che i preti gay siano molto legati alla messa in latino. Perché?
«Perché è sinonimo di tradizione solenne. Cattolica al mille per cento. Tutto rientra nella logica del rifugio e del volere vivere in pace la propria omosessualità. Più c'era il sacro e più ci si sentiva protetti».

Quanta sofferenza si nasconde dietro un simile comportamento?
«Tanta. Ora però il giudizio della società non è più così severo verso i gay. E Papa Francesco lo sa».

Quindi?
«Semplicemente non vuole che i seminari siano più luoghi in cui ci si prepara a una vita omosessuale in clandestinità. Non c'è più bisogno di nascondersi in un seminario. E le motivazioni per volere diventare prete devono essere ben ponderate».

Che senso ha continuare a mantenere il voto di castità vista questa consapevolezza?
«L'istituzione ecclesiastica è in una crisi profonda al riguardo. Sono tante, troppe le battaglie da portare avanti in un colpo solo. Quella del celibato è solo una delle tante. Il Papa attuale cerca di trovare un consenso tra i vescovi e i suoi collaboratori. Questo consenso sta iniziando a esserci, ma non è ancora schiacciante».

Il celibato dei preti è stato introdotto per motivi che oggi sembrano non avere più connessione con la realtà. 
«Si calcoli che le prime generazioni cristiane pensavano che Cristo tornasse sulla terra. E che quindi l'umanità e la sua storia fossero agli sgoccioli. Quindi dal loro punto di vista non aveva senso mettere su famiglia per chi già non era sposato. In seguito il celibato venne rafforzato come forma ascetica, mistica, stoica. Il sesso era visto come una forma di distrazione. A partire dal Medioevo il celibato venne imposto alla Chiesa d'Occidente. Mentre quella di rito orientale e gli ortodossi non hanno mai avuto il vincolo del celibato».

Ha senso continuare col voto di castità per i preti cattolici?
«No. Ma non si possono cambiare le cose di punto in bianco. Non attraverso un atto drastico. Va ripensata una quantità enorme di cose. L'istituzione stessa del seminario ad esempio».

E guardando a tra qualche decennio?
«Una certa strategia c'è già. Chi è a favore di una relativizzazione dell'obbligo del celibato suggerisce di cominciare a ordinare persone sposate. Quando ci sarà un sufficiente numero di preti sposati, poi la via del celibato obbligatorio cadrà per morte naturale. La discussione attuale sulla possibilità per le donne di assumere ministeri nella Chiesa è solo agli inizi e si intensificherà ulteriormente. Ciò renderà il dibattito sul celibato obbligatorio ancora più complesso».

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