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CANTONE«Non sono un mostro, ho pagato e sono cambiato»

07.10.24 - 07:33
Parla uno dei due fratelli iracheni che nel 2021 avevano aggredito un giovane. La loro libertà recentemente aveva suscitato preoccupazione.
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«Non sono un mostro, ho pagato e sono cambiato»
Parla uno dei due fratelli iracheni che nel 2021 avevano aggredito un giovane. La loro libertà recentemente aveva suscitato preoccupazione.

LOCARNO - «Gli aggressori di mio figlio visti a ballare a quindici minuti di treno da casa nostra». È così che una madre nel mese di agosto aveva manifestato il suo disagio su tio.ch. I giovani in questione sono due fratelli iracheni che nel 2021 avevano picchiato un ragazzo a Locarno. Il giudice li aveva condannati a oltre due anni di carcere e a dovere lasciare la Svizzera. Oggi parla uno dei due giovani iracheni. Raccontando il suo percorso. E dicendo a chiare lettere: «Non sono un mostro. Ho pagato e sono cambiato».  

Sei un uomo libero, ma le autorità stanno decidendo sulla tua possibile espulsione dopo il tuo ricorso. Come vivi questa situazione?
«Con preoccupazione. Sono praticamente cresciuto qui, ho tutto qui. Dopo 15 anni in Svizzera, doversene andare via lasciando tutto è straziante. Tante volte mi sono sentito dire “ma vai in un altro Paese e fatti una vita nuova”. Fosse così semplice…» 

Cosa in particolare rende complicato questo passo?
«Come puoi lasciare un posto che senti essere casa tua? Lasciare gli studi, il lavoro, le amicizie, la fidanzata e tutte le persone importanti per te? Per non parlare di tutto il lavoro duro che ho fatto per crescere. In Iraq, il Paese da cui sono scappato, non posso tornare. Lì non c’è nulla di buono e positivo, la mentalità è chiusa e indietro negli anni, la violenza è quotidiana».

A metà agosto la mamma del ragazzo picchiato si era detta preoccupata per il fatto che i due aggressori ora potessero girare liberamente. Cosa ne pensi?
«⁠Io capisco la mamma del ragazzo, capisco la sua paura e capisco che si preoccupi per suo figlio. Lo farebbe qualsiasi mamma. Però vorrei anche fare capire a questa mamma che non sono un mostro come sono stato descritto. Io ho sbagliato, è vero. E ho pagato per i miei errori con questi due anni e mezzo di carcere». 

Cosa hai imparato in carcere?
«Non sono più una persona che minimizza o banalizza. Ma è chiaro che con il caso mediatico di allora, durante il processo, e quello più recente posso dire di avere pagato in modo disumano e non proporzionato quanto avevo commesso. Sono sicuro che le due lettere di scuse che ho scritto alla vittima dal carcere non saranno mai sufficienti per far sì che sua mamma possa essere tranquilla. Però nel mio periodo di carcerazione ho lavorato molto su me stesso, sul mio agire, sul comportamento non adeguato che ho avuto, è stato un lungo percorso che sto continuando ancora oggi. Avevo un'altra mentalità, ero molto immaturo ed essermene reso conto è stato un grande passo. Sono cambiato». 

Il tuo presente qual è?
«Sono libero, anche se ovviamente non del tutto. Sono in attesa dell’esito del ricorso in merito alla mia espulsione. Ma ho scontato la mia condanna e sto cercando di rifarmi una vita nuova, andando ogni giorno al lavoro, studiando e cercando di divertirmi anche, in modo sano e maturo». 

Ci racconti qualcosa di te?
«Ho 21 anni e sono un ragazzo iracheno fuggito dalla guerra all’età di 4 anni. Sono arrivato in Svizzera nel 2009 con mia madre e mio fratello scappando per giorni tra mari e montagne, rischiando anche la vita. Ho frequentato tutte le scuole in Svizzera. Fino a prima del mio arresto studiavo alla Commercio di Bellinzona, mi sono diplomato mentre ero in carcere e ora invece lavoro nell’ambito sanitario. Mio padre è kurdo, mentre mia madre è araba. La mia è una famiglia con la mentalità chiusa, in casa si tendeva a usare la violenza per educare i figli in modo da crescerli “bene”. Comandava l’uomo, quindi le regole le dettava mio padre. Non è una giustificazione. Ma il mio passato è questo».

Hai un sogno per il tuo futuro?
«Potermi stabilizzare con un posto di lavoro, avere una compagna e viaggiare per il mondo liberamente. Vorrei iniziare a studiare l’anno prossimo per magari diventare medico. Ora che lavoro nell’ambito sanitario, ho cominciato a pensarci». 

Sul caso tuo e di tuo fratello il consigliere agli Stati Marco Chiesa è stato molto duro. 
«Lascio che il mio avvocato parli al posto mio. Tutti pensano che io sia un mostro come sono stato descritto, ma non è così, sono una brava persona e chi mi conosce lo sa. Tanti pensano che faccio la bella vita ora. Nessuno sa che la notte io non dormo. Ho pensieri su pensieri. Sto dando tutto me stesso per migliorare, ma l’incertezza mi abbassa l’umore. Nessuno si immagina come è sentirsi dire frasi razziste o leggere articoli in cui si dice che “devi essere buttato fuori da qui”. Io spero che la gente possa iniziare a capire meglio la situazione. Tutto ha un prezzo e io ho pagato».

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