Emergono nuovi dettagli sull'inchiesta che ha portato al licenziamento di due agenti della Polizia Comunale. Parla la testimone-chiave.
LUGANO - È il sogno di chissà quanti adolescenti. Girare su un'auto della polizia, o a piedi per le vie del centro con tanto di divisa, cintura d'ordinanza, manette e manganello. Una 16enne del Luganese ha raccontato di essersi vestita da poliziotta e avere partecipato a «quattro o cinque pattugliamenti» in compagnia di un sottufficiale della Comunale di Lugano, con cui avrebbe avuto una relazione amorosa. Secondo l'agente la ragazza si sarebbe - appunto - sognata tutto. Ma la Procura la pensa diversamente. Il poliziotto avrebbe permesso alla giovane di usare la sua pistola in un poligono di tiro, e non solo: «In un'occasione, mi ha fatto persino effettuare una perquisizione su una passante».
A raccontarlo a tio/20minuti è la ragazza condannata dal Magistrato dei minorenni per la vicenda che, ad aprile scorso, ha portato al licenziamento di due agenti di polizia nel Luganese. Il primo, un 28enne della regione, è stato già condannato dalla Procura per avere permesso alla ragazzina di guidare la propria auto. Il secondo, un 39enne graduato, è in attesa di giudizio: il processo deve ancora essere aggiornato.
Intanto l'uomo, dopo un periodo con la divisa della Polizia comunale di Collina d'oro, dove aveva trovato un nuovo impiego, è stato assunto da quella del Malcantone Ovest (dove lavora tutt'ora). L'accusa nei suoi confronti è di abuso d'autorità. Secondo la Procura, avrebbe permesso alla giovane – con cui avrebbe avuto una relazione sentimentale, nonostante la grande differenza d'età – di fingersi poliziotta in diverse occasioni durante l'estate 2017. «L'ho fatto per divertimento» racconta oggi la giovane, divenuta maggiorenne. «Solo ora mi rendo conto della gravità della cosa. Sono stata un'incosciente».
In particolare, durante un pattugliamento alla pensilina Botta di Lugano la giovane avrebbe perquisito una passante «per controllare se fosse in possesso di stupefacenti», mentre il poliziotto ne controllava i documenti. Un episodio che, raccontato dalla giovane durante gli interrogatori e ricostruito nell'atto d'accusa della Procura, se confermato confermerebbe il reato di abuso di autorità
Il poliziotto però nega ogni addebito. Per l'avvocato difensore Maria Galliani si tratta di «accuse senza alcuna prova, basate unicamente sulle affermazioni della ragazza» che sarebbe «inattendibile perché mossa da secondi fini di natura del tutto personale». Questi ultimi avrebbero a che fare con la relazione tra i due: per il poliziotto – allora come oggi – non c'era appunto «nessuna relazione».