Il legale del ventiquattrenne a processo per il delitto di Caslano si è battuto per una pena non superiore agli undici anni
LUGANO - Non si trattò di una vendetta egoistica. Non ci fu premeditazione. «Ha agito mosso dalla rabbia e dalla frustrazione causati dal rifiuto della nonna». Così l’avvocato Daniel Ponti, difensore del ventiquattrenne a processo per il delitto di Caslano, che ha chiesto una pena contenuta entro undici anni di detenzione. E di considerare la possibilità di derubricare il reato di assassinio a omicidio intenzionale. Tenendo poi conto anche della sua situazione psichica, non si oppone alla sospensione a favore di una misura per giovani adulti.
Quando è uscito di casa, l’imputato era solo in cerca di alcol e soldi. «Non è partito con l’idea di fare del male alla nonna, altrimenti si sarebbe preparato diversamente: avrebbe per esempio preso con sé un’arma, come un coltello». L’avvocato ha quindi fatto leva sulla mancanza di premeditazione, ribadendo che «la reazione è nata solo quando la nonna ha rifiutato di consegnare del denaro». Un rifiuto che avrebbe fatto scattare un gesto incontrollato, anche a causa della cocaina assunta quella notte «in quantità nettamente maggiore rispetto al solito».
Il numero delle martellate - Quella notte l’imputato avrebbe colpito la nonna con almeno sedici martellate. Ma secondo il difensore il numero dei colpi non è d’interesse per la valutazione del reato. «Le martellate eventualmente inferte dopo la morte della donna non vanno più considerate». Ma non vi è - ha sottolineato il legale - un accertamento che attesti il decesso dovuto a un determinato colpo.
La mancanza di sostegno - Il legale ha inoltre affermato che attorno al giovane è mancata una rete d’assistenza. «Da quando è arrivato in Ticino, a questo ragazzo problematico sin dalla nascita è mancato il sostegno, da parte dello Stato e della famiglia di origine». E quando ha incontrato la droga «la sua situazione già precaria è precipitata». Quello di cui ha bisogno ora, ha ribadito, è «una misura per giovani adulti, che ha uno scopo educativo e sociopedagogico».
La richiesta dell’accusa - Per l’accusa si trattò di un assassinio, in quanto l’imputato avrebbe agito con premeditazione per vendetta ed egoismo. «In lui è nata la consapevolezza di non riuscire più a ottenere dalla nonna quello che voleva, e ha maturato un sentimento di vendetta che non è riuscito a trattenere» ha detto la procuratrice Margherita Lanzillo, che ha chiesto una pena detentiva di sedici anni, sospesa a favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa.
La Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, comunicherà la sentenza domani alle 16.