Cerca e trova immobili

CANTONELa difesa: «Ha reagito per rabbia e frustrazione»

11.12.19 - 17:12
Il legale del ventiquattrenne a processo per il delitto di Caslano si è battuto per una pena non superiore agli undici anni
TiPress - foto d'archivio
La difesa: «Ha reagito per rabbia e frustrazione»
Il legale del ventiquattrenne a processo per il delitto di Caslano si è battuto per una pena non superiore agli undici anni

LUGANO - Non si trattò di una vendetta egoistica. Non ci fu premeditazione. «Ha agito mosso dalla rabbia e dalla frustrazione causati dal rifiuto della nonna». Così l’avvocato Daniel Ponti, difensore del ventiquattrenne a processo per il delitto di Caslano, che ha chiesto una pena contenuta entro undici anni di detenzione. E di considerare la possibilità di derubricare il reato di assassinio a omicidio intenzionale. Tenendo poi conto anche della sua situazione psichica, non si oppone alla sospensione a favore di una misura per giovani adulti.

Quando è uscito di casa, l’imputato era solo in cerca di alcol e soldi. «Non è partito con l’idea di fare del male alla nonna, altrimenti si sarebbe preparato diversamente: avrebbe per esempio preso con sé un’arma, come un coltello». L’avvocato ha quindi fatto leva sulla mancanza di premeditazione, ribadendo che «la reazione è nata solo quando la nonna ha rifiutato di consegnare del denaro». Un rifiuto che avrebbe fatto scattare un gesto incontrollato, anche a causa della cocaina assunta quella notte «in quantità nettamente maggiore rispetto al solito».

Il numero delle martellate - Quella notte l’imputato avrebbe colpito la nonna con almeno sedici martellate. Ma secondo il difensore il numero dei colpi non è d’interesse per la valutazione del reato. «Le martellate eventualmente inferte dopo la morte della donna non vanno più considerate». Ma non vi è - ha sottolineato il legale - un accertamento che attesti il decesso dovuto a un determinato colpo.

La mancanza di sostegno - Il legale ha inoltre affermato che attorno al giovane è mancata una rete d’assistenza. «Da quando è arrivato in Ticino, a questo ragazzo problematico sin dalla nascita è mancato il sostegno, da parte dello Stato e della famiglia di origine». E quando ha incontrato la droga «la sua situazione già precaria è precipitata». Quello di cui ha bisogno ora, ha ribadito, è «una misura per giovani adulti, che ha uno scopo educativo e sociopedagogico».

La richiesta dell’accusa - Per l’accusa si trattò di un assassinio, in quanto l’imputato avrebbe agito con premeditazione per vendetta ed egoismo. «In lui è nata la consapevolezza di non riuscire più a ottenere dalla nonna quello che voleva, e ha maturato un sentimento di vendetta che non è riuscito a trattenere» ha detto la procuratrice Margherita Lanzillo, che ha chiesto una pena detentiva di sedici anni, sospesa a favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa.

La Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, comunicherà la sentenza domani alle 16.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE