L'esperienza surreale di una viaggiatrice frontaliera: «Con una gestione simile credo che in molti se ne siano fregati»
Impietoso il confronto con lo scalo romano di Fiumicino, già a regime, mentre negli scali lombardi le nuove disposizioni non sono ancora entrate in funzione
VARESE - L'aura di solidità e serietà a cui si è sempre aggrappata la regione Lombardia vacilla, ancora una volta, a causa del coronavirus. Questa volta per i tamponi rapidi decisi negli scali italiani per chi rientra da Spagna, Grecia e Malta.
Impietoso il confronto con lo scalo romano di Fiumicino. Se nella capitale, infatti, i passeggeri di rientro dai Paesi a rischio si mettono in coda per il test diagnostico, a Malpensa per il momento non viene fatto ancora nulla. I primi tamponi dovrebbero partire non prima di metà settimana. Nel frattempo i viaggiatori devono ricorrere all'auto-denuncia per poi essere ricontattati dall'azienda sanitaria locale. Ma anche qui qualcosa non sta funzionando a dovere.
Poche informazioni - «Siamo atterrati sabato pomeriggio convinti che non saremmo usciti dall'aeroporto senza aver fatto il famoso tampone», racconta L., viaggiatrice frontaliera varesina di rientro da due settimane alle Baleari. «Invece - aggiunge -, abbiamo preso le valigie e siamo usciti come se niente fosse. Non c'era nessuno a fornire indicazioni su come muoversi, solo alcuni cartelli affissi qua e là». Su questi cartelli l'invito, appunto, a segnalarsi autonomamente all'azienda sanitaria locale entro 48 ore: «Possiamo immaginare quanti l'abbiano fatto... Probabilmente la maggior parte sarà tornata a casa fregandosene».
Anche l'auto-denuncia non sempre funziona - L. e il suo compagno, invece, hanno voluto procedere come si dovrebbe. «Effettuato l'accesso al sito, c'è un modulo da compilare. Anche molto semplice e veloce. Lo abbiamo fatto». Qualcosa però non ha funzionato anche in questo step. «Mentre io ho ricevuto la mail di conferma, nella quale mi è stato spiegato che sarei stata ricontattata, il mio compagno non ha ricevuto nulla. Dopo 24 ore ha riprovato, ma ancora una volta senza successo».
Nel frattempo L. riceve una telefonata: «Domenica pomeriggio mi ha contattato un'operatrice per l'appuntamento con il tampone. Io sono di Varese... Sono stata spedita a Como. Il motivo? Vai a saperlo. Scocciata la signorina mi ha spiegato che se la trasferta non mi andava bene, avrebbe segnalato il mio rifiuto a procedere. Ho spiegato allora il problema del mio compagno, stizzita mi ha risposto che telefonava per me. Una vergogna. Ho quasi dovuto litigare e alla fine non ho ottenuto nulla. Insomma, il caos».
Malagestione anche sul posto - Il giorno seguente è il momento del tampone. Il viaggio è di circa tre quarti d'ora in auto. Giunta sul posto, in un'area attrezzata con un camper davanti al quale si lavora in modalità "drive-in", L. si ritrova ancora una volta a dover dare spiegazioni. Il suo nominativo, infatti, non compare tra quelli presenti nella lista in mano agli operatori sanitari della struttura comasca: «Mi sono trovata di fronte a tre persone che erano da ore sotto il sole a fare test, passando da una macchina all'altra. Si lamentavano della mancanza delle etichette identificative da apporre sui tamponi. Che di conseguenza dovevano scrivere a mano. Ho fatto presente il problema del mio compagno, lì con me. Mi hanno detto che non potevano fare nulla. Insomma, il tampone l'hanno fatto solo a me».
Quarantena oppure no? - Dubbi, infine, anche su come comportarsi nell'attesa dell'esito. Se, infatti, la cartellonistica presente in aeroporto (vedi foto allegata) riferisce dell'obbligo di effettuare la quarantena fiduciaria al proprio domicilio, l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera (e lo stesso anche il sito dell'azienda sanitaria locale) dice l'esatto contrario: «In attesa del tampone, è fondamentale il rispetto delle norme igienico sanitarie principali, non è previsto alcun isolamento fiduciario».
Insomma, un brutta figura sia per la tanto decantata azienda Lombardia, che per gli scali (Orio e Malpensa) più importanti d'Italia.