L'ex presidente UDC Ticino sul ricorso parzialmente accolto dalla Corte dei reclami penali: «Serve chiarezza sul ruolo dell'ex ispettore»
LUGANO - La notizia è fresca: la Corte dei reclami penali ha parzialmente accolto il ricorso intentato dalla ex moglie di Paolo Clemente Wicht (ex presidente dell'UDC cantonale). La donna, ricordiamo, aveva fatto finire dietro le sbarre il marito nell'agosto del 2018, accusandolo di averle sottratto sette milioni di franchi. A quanto pare il caso, a più di un anno dal decreto d'abbandono emesso dal procuratore pubblico Daniele Galliano, non è ancora chiuso.
A pochi giorni dal colpo di scena, la replica dello stesso Wicht che, non solo respinge nuovamente le «accuse strumentali al divorzio della moglie», ma si augura che il rinvio dell’incarto possa «permettere di rispondere puntualmente agli approfondimenti richiesti, che in buona parte sono già agli atti, dimostrati e documentati».
La domanda che Wicht si pone «dopo tre anni d’inchiesta e questa lunga attesa di 15 mesi per la procedura di reclamo», è se il rinvio non sia «la conseguenza di un atto di pressione gravissimo» dell’ex ispettore che ai tempi dell'arresto fu coinvolto nel caso. Lo stesso ispettore che nel 2019 fu sollevato dall'inchiesta dopo la denuncia per essere stato visto da testimoni a cena da solo con la ex moglie.
Per Wicht questa persona, oggi in pensione e non più in Ticino, sarebbe ancora legata alla sua vicenda giudiziaria. Lo dimostrerebbe il memoriale da lui redatto e presentato alla Corte dei reclami penali dalla ex moglie nel 2021. Da qui l'interrogativo: «Perché mai un ex ispettore di polizia giudiziaria, che non è parte alla procedura, che è tenuto al segreto d’ufficio, che non ha mai detto formalmente nulla ai suoi superiori dopo la sua rimozione dall’inchiesta e fino a quando è rimasto in servizio, dopo il suo pre-pensionamento e trasloco in Portogallo, interviene a gamba tesa in piena procedura e in queste modalità?».