Martina* ha 26 anni e da due è senza lavoro. Non percepisce la disoccupazione e vive di risparmi. «Alle aziende non importa dei giovani»
SAVOSA - Restare a casa a 24 anni. E a 26 essere ancora bloccata nella camera da letto in cui si è cresciuti. È la situazione di una giovane ticinese che, dopo aver lavorato saltuariamente per alcune aziende, è entrata nel vortice della disoccupazione, che oggi non percepisce più. Sopravvive grazie ai risparmi e ai genitori ancora disposti a ospitarla. Ma, racconta, «più passa il tempo e più cresce in me un sentimento d'inadeguatezza».
Martina* passa gran parte delle sue giornate a scandagliare i siti di annunci di lavoro. «Ho perso il conto delle candidature effettuate, in media tre o quattro a settimana, a seconda delle offerte presenti». Che non sempre, precisa, «sono adatte a me». Il suo ultimo impiego è stato presso una grande catena di distribuzione svizzera. «Lavoravo come ausiliaria, non era il mestiere dei miei sogni, ma ne avevo bisogno».
Prima aveva lavorato con altre posizioni, ma sempre precarie. Ad esempio in una casa da gioco ticinese, ma solo per alcuni mesi e tutte le notti, fino alle quattro del mattino. O come impiegata di commercio, ma sostituiva una persona in congedo maternità, perciò è stata licenziata appena la sua presenza non si è più rivelata necessaria. Quindi è subentrata la disoccupazione.
«È stato terribile. Non ho ricevuto nessun aiuto concreto da parte del consulente. Ai colloqui si limitava a chiedermi se avessi trovato un’occupazione e se avessi completato il numero di candidature richieste». Inizialmente le era stato proposto di seguire «il programma occupazionale della Caritas o dell’Ospedale del giocattolo, cosa che ho rifiutato categoricamente».
Ciò che avrebbe voluto era piuttosto «un corso utile per inserirmi nel mondo del lavoro apprendendo qualcosa che fosse relativo alla mia formazione di base e alle mie inclinazioni». Risultato? «Sono stata mandata a catalogare libri. Non dico che non sia importante mantenere una routine, ma credo che debbano rivedere completamente il sistema della disoccupazione e implementare corsi e programmi per ogni tipo di attività lavorativa».
Ora, «più passa il tempo e più cresce in me un sentimento d'inadeguatezza. Nel profondo so di avere le capacità e la volontà di fare, ma non ricevere nemmeno una risposta, anche se negativa, e non avere la possibilità di dimostrare le mie qualità è frustrante».
Altro aspetto a cui Martina fa riferimento - tra l'altro attualissimo - è la mancanza di adattamento delle aziende ai bisogni dei giovani: «Siamo risorse nuove con ideali diversi da quelli che erano i principi lavorativi di un tempo, non vogliamo più sacrificare la nostra vita, le nostre passioni e il tempo libero per il lavoro, che è ovviamente importante nella giusta misura. Ci vengono richiesti dei requisiti irraggiungibili. Un giovane di 25 anni non può avere un’esperienza decennale e non può essere già autonomo nel lavoro».
Sempre in queste settimane, si è discusso della mancanza di dipendenti nelle aziende e dei numeri «bassissimi» della disoccupazione. Per fare un po' più di chiarezza, abbiamo interpellato l'economista e professoressa Supsi Amalia Mirante.
Quante sono le persone senza lavoro in Ticino?
Dobbiamo precisare che in Svizzera calcoliamo la disoccupazione in due modi. Il primo si affida alla statistica mensile della Segreteria di Stato dell’Economia (SECO), che conta tutte le persone iscritte presso gli Uffici Regionali di collocamento (URC), che abbiano o meno diritto all’indennità. La cosa importante è che siano registrati. In questo caso, nel 2022, si parlava mediamente di circa 4'400 persone iscritte. Il secondo metodo è quello dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO) che invece si avvale dei sondaggi telefonici e stima il numero di persone senza attività lucrativa che sono in cerca di lavoro. In questo caso i dati si riferiscono a un trimestre e nel 2022, durante il quale mediamente si contavano 11'900 persone disoccupate. I dati sono differenti perché misurano due situazioni differenti.
Ci sono differenze in termini di età, di genere o di nazionalità?
I dati mostrano che ci sono alcune categorie maggiormente toccate dalla disoccupazione, come gli stranieri o le donne. In questo caso le motivazioni possono essere diverse: da una parte può esserci una minor qualifica professionale o un mancato riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero. Ciò fa sì che queste categorie occupino i posti di lavoro meno qualificati, magari a tempo parziale e quindi più precari. Quando arriva una crisi economica, di solito sono le donne e le persone straniere a essere licenziate per prime. Per quanto concerne l’età invece, le persone più adulte - pensiamo agli over 50 - possono avere più difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro, anche perché costano maggiormente siano in termini salariali (hanno più competenze) che in termini di previdenza professionale. Segnaliamo però che le dinamiche dei prossimi anni potrebbero cambiare e vedere maggiormente premiate le competenze e le capacità di queste persone.
Il Ticino è lavorativamente attraente per i giovani?
Il mercato del lavoro in Ticino è sofferente. Sono molti i giovani che faticano a trovare un lavoro in linea con le loro competenze e qualifiche. Per questo spesso lasciano il Cantone. Sono molti anche i giovani che non rientrano al termine degli studi conseguiti nel resto della Svizzera a causa della mancanza di opportunità, sia dal punto di vista professionale, che salariale. Ma questa tendenza può essere invertita.
*Nome noto alla redazione