Per l'MPS la delocalizzazione attuata dal gruppo Kering non è per nulla sorprendente e a pagare il conto saranno ancora «i dipendenti e migliaia di cittadini presi per il fondelli dal Governo»
CADEMPINO - «La fattura per i 150 posti di lavoro soppressi dalla Luxury Goods International (LGI) a Cadempino (e probabilmente non saranno il soli) finiranno per pagarla, ancora una volta, i dipendenti e migliaia di cittadini presi per il fondelli dal Consiglio di Stato. I veri responsabili di questo disastro programmato, quelli che ci hanno promesso benessere e posti di lavoro grazie agli sgravi fiscali, ancora una volta ne usciranno lindi e puliti. Eppure era già tutto previsto da tempo e il Consiglio di Stato era stato avvisato». Inizia così la presa di posizione dell'MPS in merito alla delocalizzazione decisa dall'azienda e di cui abbiamo riferito ieri.
Una decisione che per l'MPS era nota da tempo, perlomeno da quando nel dicembre scorso il gruppo Kering aveva scelto di cambiare il sistema di fatturazione attorno a cui è stata costruita l’azienda di logistica in territorio ticinese. «Il gruppo Kering vuole ridurre gli utili siti nella filiale svizzera e rimpatriare almeno una parte nei paesi dove esercita effettivamente la sua attività», si leggeva in una nota interna, aspetto che avrebbe minacciato la "Fashion Valley" e le entrate fiscali del Ticino. «Avevamo interrogato il Governo in maggio su questa eventualità - aggiunge il Movimento - ottenendo le solite risposte evasive e rassicuranti».
Le avvisaglie di questo disastro erano dunque già ben visibili molti mesi prima. «Questi sviluppi erano prevedibilissimi perché strettamente legati all’adozione a livello internazionale degli standard contro l’erosione della base fiscale e il trasferimento degli utili. Con queste nuove regole, adottate anche in Svizzera, le multinazionali dovranno pagare le imposte nei paesi dove creano valore aggiunto e non potranno più far figurare gli utili dove hanno trattamenti fiscali privilegiati», argomenta l'MPS.
E aggiunge: «Non serve a nulla concedere sgravi su sgravi come sta facendo il governo ticinese perché comunque l’imponibile si ridurrà notevolmente rispetto al livello attuale, gonfiato artificialmente dalle pratiche di ottimizzazione fiscale. Le imprese di moda in Ticino finiranno per pagare le imposte solo sulle operazioni di fatturazione e logistica, che rappresentano solo un’infima parte dei guadagni realizzati a livello mondiale dalle imprese di moda. E come loro tante altre holding e società di sede, in primis quelle che si occupano di materie prime».
In conclusione, l'MPS sostiene di aver scritto, nero su bianco, che il sistema di ”ottimizzazione fiscale” in Ticino era ormai al capolinea, «ma, come al solito, tutti hanno voltato la faccia dall’altra parte per convenienza, compresi grandi esperti della fiscalità cantonale». «Ben presto ci ritroveremo con magazzini che movimentano centinaia di camion sul territorio cantonale, creando più costi di quanto rendono in imposte. E non sarà certo grazie a dipendenti pagati 3’000 franchi lordi che si realizzeranno i prodigiosi introiti fiscali di cui il governo ci ha sempre vantato i meriti».
Del “miracolo economico” ticinese - infine - «rimarrà come emblema un deposito grande come tre campi da calcio in un paese, Sant’Antonino, che in pochi anni ha visto duplicare i beneficiari di assistenza sociale e che il 29 aprile, non a caso, ha bocciato la Riforma fiscale cantonale».