L'ex consigliere nazionale Pierre Rusconi critica la forma della protesta democentrista dopo la smazzata dei dicasteri
E sul futuro dell'alleanza tra UDC e Lega dice: «Spero prevalga il buonsenso, perché ad ammazzare la mamma rimarrebbero orfani entrambe»
LUGANO - Per fortuna ha già qualche capello bianco Tiziano Galeazzi. Non corre cioè il rischio di farseli venire tutti dopo la giornata di ieri. Partito con i sorrisi e le strette di mano per l’entrata in Municipio, il neo municipale dell’UDC è andato a letto inseguito dalla pesante cappa del suo partito deluso, o meglio furioso, per il «dicastero “parziale”» assegnato al proprio rappresentante. Quel Dicastero consulenza e gestione, devitalizzato della Divisione Finanze, a detta del vertice democentrista conta quanto il due di briscola.
Chioma canuta ed esperienza diretta su entrambi i fronti (prima con la Lega e poi con l'UDC) può vantare Pierre Rusconi, 71 anni, luganese, ex consigliere nazionale. Ha i titoli, soprattutto perché testimone non coinvolto, per giudicare l’accaduto. Partendo dal comunicato stampa serale: «La rivendicazione dell’UDC - esordisce - ci sta e ha senso. Però i modi e i termini non mi sono per nulla piaciuti. Sono state parole aggressive e quasi ricattatorie. Francamente in questo momento la popolazione di Lugano non ne aveva bisogno. Rogne ne abbiamo già avute e ce ne sono già abbastanza, non ne occorrono altre».
Come giudica invece l’attitudine di Galeazzi?
«Direi ragionevole. Non va dimenticato che in fondo entra in Municipio come ottava scelta degli elettori luganesi. L’UDC poteva certo rivendicare un dicastero pieno, ma per il bene generale del Comune ha una logica che Foletti abbia mantenuto le Finanze. Che sono, nella situazione economica e pandemica attuale, il dicastero più importante».
Secondo lei, in questa situazione, Galeazzi è rimasto come spiazzato tra due fuochi?
«Si è probabilmente trovato confrontato da un lato con le ambizioni del suo partito, dall’altro con il compito improbo di dover partire di botto e a freddo senza aver le conoscenze di base dei dossier...».
L’UDC attacca chi ha deciso di affidare il dicastero “vuoto” a Galeazzi, ma così facendo non indebolisce il suo stesso municipale?
«Ma la decisione è stata collegiale del Municipio, non di Foletti. Evidentemente l’uscita di ieri sera non è di buon auspicio perché mette Galeazzi in difficoltà con il suo stesso partito che, tra virgolette, dovrebbe invece leccarsi i baffi nella disgrazia di quanto successo. La visibilità di avere un municipale rappresenta comunque un’opportunità».
Visto che la politica è un po’ l’arte di Machiavelli, lei, dietro questa uscita di ieri, che ha definito aggressiva e ricattatoria, ci vede un secondo fine in prospettiva 2024?
«Secondo me hanno buttato semplicemente giù un comunicato di pancia e di slancio non considerando le conseguenze. La cosa è nata male».
A pensare male qualcuno potrebbe azzardare che era anche per mettere in difficoltà Galeazzi…
«Mi sembra un’assurdità perché tra due anni e mezzo ci sarà un bel problema a Lugano. Chi subentrerà realmente? Non conosco quali voglie o smanie abbia Chiesa che resta il candidato in pectore che potrebbe ambire al Municipio».
Dipenderà anche dal suo percorso nei prossimi due anni a livello nazionale…
«Certo ci sono diversi problemi concatenati. La stessa votazione precedente con cui Chiesa è andato agli Stati, scusate il bisticcio, non fa stato. Perché è nata dalle “stupidaggini” degli avversari. La scelta su Chiesa è stata dettata dai problemi degli altri».
Secondo lei, che è stato l’uomo dei due mondi, l’alleanza tra Lega e UDC ha un futuro?
«Io spero che prevalga il buonsenso perché ad ammazzare la mamma rimarrebbero orfane entrambe. Se questo buonsenso c’è si capisce che la priorità oggi è gestire Lugano e fare in modo che il centro-destra possa riconfermare i suoi seggi».
Certo che quel Dicastero consulenza e gestione pare uscito da un laboratorio di ingegneria genetica…
«Secondo me dovevano crearne un nuovo. Il Dicastero del Buonsenso».
Il problema, dopo, sarebbe stato a chi affidarlo. A chi?
«Potevano darlo tranquillamente a Galeazzi»