Fra dubbi e scetticismo (trasversali) e il dietrofront dell'UDC, il Gran Consiglio approva comunque il documento.
BELLINZONA - Non sono mancate le critiche e le perplessità, ma alla fine, a notte fonda (la seduta è terminata poco prima delle 23.30) e dopo due giorni di discussioni, il Gran consiglio ha approvato - con 44 voti a favore, 24 contrari e zero astenuti - il preventivo 2023. Nonostante le incertezze e le differenti vedute, manifestate anche in aula, il fronte formato da PLR, Lega e Centro ha infatti tenuto. E questo nonostante il dietrofront dell'UDC che dopo aver firmato il rapporto commissionale ha infine deciso di non sostenere il preventivo.
«L'UDC non vota un preventivo che il governo non intende rispettare»
«Avevamo firmato il rapporto commissionale - ricordano i democentristi - perché gli altri partiti borghesi avevano accettato che il deficit di 80 milioni di franchi fosse di principio da intendersi come soglia massima, qualsiasi cosa succeda nel 2023. Purtroppo, durante i dibattiti parlamentari si è capito che il Governo non ha alcuna intenzione di prendere sul serio questo vincolo, usando l’espressione “di principio” per giustificare la non volontà di prendere decisioni scomode poco prima delle elezioni».
Timori e critiche
Il documento mette nero su bianco una perdita di 79,5 milioni di franchi (rimasta all’interno del vincolo del freno ai disavanzi pubblici) e un debito pubblico di oltre 2,5 miliardi. Pesa però l’incertezza legata alla Bns: sui 137 milioni di franchi di utili, previsti in arrivo, pesano i pessimi risultati intermedi fatti segnare dalla banca. Il preventivo non ha mancato di generare aspre critiche. E, se da una parte, le puntualizzazioni espresse nel rapporto di minoranza e sottolineate da Ivo Durisch (PS) erano attese, quelle contenute nel rapporto di maggioranza, ribadite poi in aula dal relatore Fiorenzo Dadò (Il Centro) hanno mostrato un sostegno quantomeno tiepido e "faticoso" al preventivo licenziato dal Governo.
Discussioni infinite sui dipartimenti
Al termine dell’”entrata in materia”, è cominciato il dibattito libero sui singoli dipartimenti. Vari interventi si sono concentrati sul DSS, in particolare sui premi troppo alti di Cassa malati, sui disturbi dei giovani (per esempio quelli alimentari) e sulla crescente povertà in Ticino. In questo senso Raffaele De Rosa ha difeso il settore sanitario spiegando che «l'andamento dei costi degli ultimi anni sta crescendo meno della media di altri ambiti. E in molti casi, i margini del Cantone per contenere la spesa in ambito ambulatoriale sono molto limitati se non nulli, almeno per il momento». Il parlamento ha poi discusso del DECS e si è concentrato in maniera particolare sulla scuola e sull'eterna diatriba dei livelli. Inoltre, il direttore del DECS Emanuele Bertoli ha risposto ad alcune domande relative alle molestie, visto il caso recente del direttore di scuola media del luganese accusato di atti sessuali con fanciulli.
Per quanto riguarda il DI, il direttore del dipartimento Norman Gobbi, oltre a fornire il numero di controlli sulle strade nel 2021, ha precisato come, in effetti, ci sia una densità elevata di agenti di polizia per cittadini. «Vanno però aggiunti i turisti e i frontalieri. Inoltre, siamo un Cantone di frontiera». Ultimo dipartimento sotto la lente del Parlamento è stato il DT. In questo ambito il direttore Claudio Zali ha precisato che il dipartimento «non è tra i più costosi» e che un risparmio sui costi potrebbe andare a toccare solo «il trasporto pubblico», che è la fonte di spesa più importante a bilancio. Nelle discussioni riguardanti al DFE è naturalmente rientrato il discorso sul salario minimo e sugli aumenti delle buste paghe in base al carovita. Per Matteo Pronzini (Mps) il salario minimo è «indegno» e anche all'interno del Cantone ci sono «sacche di povertà», alimentate dal dumping. Un'opinione simile (seppur più morigerata nei toni) l'hanno espressa anche Giorgio Fonio (Centro) e Fabrizio Sirica e Ivo Durisch (PS). Il salario minimo - precisa Christian Vitta - è stato deciso dall'intero Governo e non solo dal DFE. La Confederazione sul carovita ha proposto un 2,5% con il Ticino che si è accodato a questa decisione.
Ultimata la discussione sui singoli dipartimenti, il Parlamento ha votato (respingendoli tutti senza appello) diciannove emendamenti, la maggior parte dei quali erano a firma Mps.