È stata lanciata oggi la campagna contro la Riforma della previdenza professionale (LPP) al voto il prossimo 22 settembre.
BELLINZONA - Il 22 di settembre, giorno in cui il popolo svizzero sarà chiamato a esprimersi sulla Riforma della previdenza professionale (LPP), si avvicina. E i sindacati non hanno perso tempo. Oggi durante una conferenza stampa OCST, Unia, VPOD, SEV, syndicom e SSM hanno lanciato in Ticino la campagna per opporsi alla modifica della legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità. «È una riforma sbagliata perché tutti ci perdono: dovremo pagare di più, per l’aumento dei contributi salariali mensili fino a 206 franchi al mese, e riceveremo di meno, perché a parità di capitale cumulato, le rendite saranno inferiori del 12%», hanno spiegato i sindacati. E ancora. «È una riforma che impoverisce le assicurate e gli assicurati che già oggi si trovano ad affrontare una riduzione importante del potere d’acquisto a causa dell’aumento del rincaro e dei premi della cassa malati».
Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. Il referendum contro la riforma del 2° pilastro (LPP21) è stato lanciato a marzo dell'anno scorso dalla sinistra e dai sindacati raccogliendo 140 mila firme, quasi il triplo di quelle necessarie (50 mila) e risponde alla revisione, adottata dal Parlamento, la quale prevede una diminuzione del tasso di conversione, dal 6,8% al 6%, che - secondo i sostenitori - è necessaria a causa dell'aumento dell'aspettativa di vita. Il capitale accumulato da un pensionato durante la sua attività professionale si tradurrà quindi in una pensione più esigua.
Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia la vede in modo diverso. «Un’ulteriore diminuzione del potere d’acquisto di lavoratrici e lavoratori, in un Ticino già devastato dalla problematica dei bassi salari, avrà conseguenze su tutta l’economia cantonale, quindi ad esempio anche sul piccolo commercio e la ristorazione: meno potere d’acquisto, significa meno soldi spesi sul territorio».
Secondo i sindacati questa riforma rende troppo onerosa l’estensione dell’assicurazione a chi lavora a tempo parziale o riceve salari bassi. «Abbassa la soglia di entrata e la deduzione di coordinamento, tuttavia questi cambiamenti non sono efficaci perché i nuovi assicurati ogni mese dovranno versare dei contributi che ridurranno le loro entrate già esigue, per ottenere, alla fine della carriera lavorativa, una rendita modesta e non sufficiente per aumentare la qualità di vita».
Una riforma che non porterebbe benefici neppure alle donne, «nonostante dopo l’aumento dell’età di pensionamento sia stato promesso loro un miglioramento dell’assurdo divario a livello pensionistico, che ne aumenta il rischio di povertà dopo il pensionamento». Davina Fitas, Coordinatrice donna-lavoro OCST: «Alla fine della carriera, la pensione sarà comunque insufficiente anche perché la riforma non prevede nessuna compensazione degli inconvenienti dovuti alle interruzioni di carriera e alla ripartizione diseguale del lavoro non remunerato tra uomini e donne».
E i giovani? «Di fatto, le generazioni future saranno penalizzate per ben due volte», ha ricordato Giulia Petralli, responsabile di settore VPOD. «Innanzitutto, saranno chiamate a pagare contributi maggiori a fronte di salari stagnanti. Di conseguenza si vedranno nell’immediato sgretolare tra le mani il proprio potere d'acquisto. E per cosa? Per rendite pensionistiche minori. Infatti, il costante abbassamento del tasso di conversione e l’incessante volontà di aumentare l’età pensionabile, finiranno per permettere ai giovani lavoratori di oggi di accedere in un domani sempre più lontano a rendite pensionistiche sempre più misere».