Le dure parole dell'ex-premier russo, l'esule Kasyanov: «Sognavamo la democrazia, siamo ritornati all'Unione Sovietica»
MOSCA - «Putin deve essere sconfitto, non ci può essere nessun negoziato. Perché negoziare significa accettare dei compromessi, lui invece pretende la ratifica dei territori conquistati». Mikhail Kasyanov non ha più illusioni.
Lo zar lo conosce bene: è stato il suo premier dal 2000 al 2004, gli anni delle riforme: «Crescevamo al 6-7% l'anno, la gente faceva figli e guardava al futuro, credevamo che Putin fosse l'uomo giusto per accompagnare lo sviluppo democratico della Russia. E invece ha riportato in vita l'Unione Sovietica». Pausa. «Forse il piano è sempre stato quello: siamo stati infiltrati dal KGB».
Insomma, Putin è stato lo strumento usato dai servizi per 'hackerare' la democrazia russa. L'ipotesi non è nuova, va detto. Kasyanov però è una fonte autorevole e preziosa per ricordare com'era il primo Putin. In questa intervista esclusiva concessa all'ANSA ripercorre le tappe che hanno portato «al disastro attuale, l'avvelenamento di un'intera generazione».
«Sono arrivato alla conclusione che Putin non è cambiato, come si dice spesso; semplicemente a un certo punto ha smesso di fingere». E c'è anche un momento preciso: «Intorno al 2005: è allora che sono spuntati come funghi uomini dell'FSB, l'ex KGB, in posizioni chiave dell'organigramma dello Stato».
L'ex premier e oppositore - guidava Parnas insieme a Boris Nemtsov, ammazzato nel 2015 - è ora fuggito dalla Russia, come tanti altri. Di rivelare il luogo prescelto per l'esilio non se la sente.
«Le dico solo che mi trovo in Europa». La scelta di lasciare il Paese è venuta dopo l'approvazione della legge draconiana contro le fake news sulla guerra. «Sono scappato sì: per continuare a poter dire la verità». E la verità di Kasyanov è che la minaccia dell'Ucraina nella Nato, al centro della narrazione di Putin, è «una menzogna».
«Ma che senso ha?», si domanda. «L'Alleanza già confina con la Russia, in Estonia, Lettonia e diciamo anche con la Turchia. Questa cosa poi della denazificazione è una follia, il mondo sorride. Certo, esistono delle formazioni nazionaliste in Ucraina, come in Germania o in Russia o anche in Italia, ma da qui al nazismo... e poi, diciamolo, un Paese che già è stato attaccato nel 2014 ha sviluppato una comprensibile voglia di difendersi».
Le ragioni della guerra, secondo Kasyanov, sono più banali. «Prima la Georgia, poi la Crimea. Putin voleva che il mondo accettasse quelle azioni, l'occupazione di quei territori. Ma non ci è riuscito». La situazione dunque si è cristallizzata, incancrenita. «Aveva paura che qualcuno gli chiedesse conto dei suoi errori». Dunque l'invasione dell'Ucraina, per sparigliare le carte.
Il risultato però è una Russia isolata, destinata a prospettive economiche cupe, perché le sanzioni «hanno appena iniziato a mordere». Il futuro è fosco. «Ci vorranno decenni per ricostruire la fiducia con l'Occidente e ogni ipotetico governo democratico avrà davanti a sé un immane compito di ricostruzione».
Ecco perché, secondo Kasyanov, non ci può che essere una sola via: sostenere l'Ucraina dal punto di vista militare. «Con le armi giuste Kiev potrà vincere la guerra entro la fine dell'anno», assicura. Ovvero liberare tutti i territori occupati, «incluso il Donbass».
E la Crimea? «Sta all'Ucraina decidere, ma dal mio punto di vista non deve necessariamente essere un punto di caduta: può non piacere ma la storia ci dice che dopo la caduta dell'Urss era diventata parte dell'Ucraina. E se iniziamo a mettere in dubbio quei confini, così come quelli emersi dalla fine della Seconda guerra mondiale, andremo solo incontro a ulteriori problemi».
Ultimo punto. La sconfitta di Putin in Ucraina serve per accelerare la sua fine. Ora come ora, dice Kasyanov, le ipotesi di golpe sono pura fantasia, perché «la sua cerchia gli è leale». Ma con addosso l'etichetta del perdente le cose potrebbero cambiare. «In quel caso gli do al massimo un anno e mezzo al potere». Sulle voci ricorrenti di una malattia, l'ex premier non commenta: «Non ho informazioni dirette, mi spiace. Lo vedo in tv. E non mi pare stia male».