Graziano Besana, candidato n.11 al Gran Consiglio per Avanti e Ticino&Lavoro
I sistemi politici frammentati, se gestiti correttamente, non sono necessariamente un indicatore di paralisi per la politica, bensì un opportunità di crescita e di rinnovamento per qualsiasi schieramento ideologico.
Negli anni i sistemi storici dei partiti politici in tutta Europa si sono frammentati e la volatilità elettorale è aumentata. Il numero di partiti rappresentati nei parlamenti di tutto il continente è cresciuto e i partiti tradizionali hanno visto scricchiolare le loro basi, costringendoli a formare coalizioni spesso scomode e instabili.
Sotto questo aspetto il Ticino non fa differenza e queste elezioni cantonali rispecchiano in tutto e per tutto questa tendenza.
Mai come ora, politici e commentatori parlano di tali scenari in termini spesso catastrofistici, associandoli ad un’imminente instabilità ed alla paralisi politica, ma non dovrebbero.
Invece dovrebbero concentrare le loro energie nel comprendere questo irreversibile cambio di paradigma continentale, imparare a muoversi onestamente e a far funzionare questi scenari politici sempre più competitivi. Essi sono reali ed importanti indicatori delle priorità, delle preoccupazioni e della crescente insofferenza della popolazione.
Il nostro sistema politico proporzionale ha creato l'opportunità per nuovi partiti e movimenti di ottenere una minuta, ma propositiva e poliedrica rappresentanza parlamentare.
Se la volatilità elettorale e la frammentazione politica costituissero effettivamente una sorta di crisi della democrazia, dovremmo aspettarci di vedere gli elettori scontenti di come funziona la democrazia cantonale. In gran parte però, sembra essere vero il contrario.
È infatti nato un elettorato più emancipato ed esigente rispetto agli anni passati, disposto a guardarsi intorno e mettersi in gioco, invece di limitarsi a votare secondo le formule storiche. Paradossalmente i parlamenti frammentati che ne derivano forniscono una migliore rappresentazione dei diversi gruppi di provenienza e di pensiero della popolazione cantonale.
Questo rende la vita più difficile ai partiti storici e ai politici che si destreggiano goffamente tra discutibili coalizioni di comodo, ma offre agli elettori più scelta e rinnovamento democratico. Se gestito correttamente, ciò consentirebbe anche una maggiore reattività ai cambiamenti nell'opinione pubblica.
Tale dinamismo democratico nel panorama politico dovrebbe essere interpretato come segnale di una democrazia ben funzionante. Purtroppo alle nostre latitudini i partiti politici rilevanti preferiscono operare in un oligopolio, garantendosi quindi la stabilità di una concorrenza politica limitata, ma ormai inefficace. Tuttavia, in un mondo interconnesso e che cambia sempre più rapidamente, desiderare questo tipo di stabilità è decisamente anacronistico e si avvicina pericolosamente al preferire la stabilità ad una corretta rappresentazione della realtà di pensiero, di vedute e di necessità della popolazione ticinese.
In campagna elettorale, andare a proporre una soglia di sbarramento attorno al 5% quale soluzione che porterebbe il Gran Consiglio ad essere più dinamico e a decidere più in fretta, è un maldestro tentativo di confondere una crisi dei partiti tradizionali con un’inesistente crisi della democrazia, mascherando nel contempo una crescente difficoltà della politica nel risolvere i reali problemi del nostro cantone.
Questo inarrestabile processo di trasformazione non dovrebbe essere una scusa per non tentare di far funzionare meglio la politica.
Invece di investire in inutili e meschini tentativi di tornare a come erano le cose ai vecchi tempi, sperando che ciò accada magicamente in qualche modo, i nostri politici ed i partiti cantonali di rilievo dovrebbero rivalutare il modo in cui affrontano la nuova realtà della frammentazione.
Ticinesi, abbiate il coraggio di cambiare, perché nulla cambia se non cambi nulla.