Nella vicina penisola tutte le lezioni sono sospese almeno fino al 15 marzo prossimo.
ROMA - La chiusura delle scuole è una misura invocata da alcuni anche in Ticino al fine di rallentare la diffusione del nuovo coronavirus. In Italia, dove su tutto il territorio nazionale le lezioni sono state sospese almeno fino al 15 marzo, il provvedimento non manca tuttavia di causare molti disagi.
Secondo una stima della Fondazione studi dei consulenti del lavoro italiana, più di 5 milioni di lavoratori dipendenti e autonomi potrebbero infatti subire conseguenze negative per quanto riguarda la loro organizzazione familiare. Conciliare l'attività occupazionale con la cura a tempo pieno dei congiunti, soprattutto dei figli minori, è infatti una sfida. Analizzando le caratteristiche della platea dei 5,1 milioni di occupati interessati dalle iniziative per arginare l'avanzata del coronavirus, sulla base dei dati Istat «2 milioni 697.000 sono donne e 2 milioni 442.000 uomini», «349.000 sono genitori single e 4 milioni 790.000 coppie con entrambi i genitori occupati e con almeno un figlio con meno di 15 anni di età».
Il gravame della gestione degli allievi costretti a rimanere a casa, si legge, interesserà principalmente la platea femminile, ovvero «sia le mamme single (302.000 contro i 47.000 papà soli) sia le lavoratrici dipendenti (2 milioni 234.000 contro un milione 809.000 addetti), ancora oggi costrette a dover scegliere tra la vita professionale e quella familiare in assenza di misure che favoriscano una vera conciliazione dei tempi di vita e di lavoro». Sempre in base alle cifre dell'Istituto di statistica, argomentano i professionisti, nel 2019 vi sono state 2 milioni 797.000 donne nella Penisola, corrispondenti al 14,5% del totale della popolazione femminile tra i 15 e 64 anni, che hanno «gettato la spugna», rinunciando, cioè, del tutto a trovare un impiego per l'impossibilità di ottenere un aiuto in ambito domestico.
«Un dato estremamente elevato, se comparato al resto d'Europa, dove, al contrario, soltanto l'8,2% della platea femminile non lavora per motivi familiari, e in forte crescita negli ultimi anni (tra 2016 e 2019 il numero delle inattive per tali motivi è aumentato di 619.000 unità), registrando un incremento del 28,4%», si legge nel rapporto.