Quando siamo insicuri crediamo più facilmente a ciò che leggiamo, ma attenzione alle fonti e alle prove
LONDRA - Il coronavirus causato volontariamente e trasmesso alla popolazione con la tecnologia 5G. Oppure il virus creato appositamente dai laboratori finanziati dai Governi per controllare le persone.
Queste sono due delle principali teorie del complotto legate al Covid-19 che hanno iniziato a girare recentemente sui social media. Il coronavirus è infatti un terreno ideale per far attecchire determinate teorie complottistiche.
Ma prima di tutto bisogna distinguere tra le teorie cospirative e le fake news: «Le prime abbracciano l'idea che c'è un gruppo segreto che trama qualcosa per il proprio profitto, nelle fake news invece non c'è qualcosa sotto, non si incolpa qualcuno di qualcosa.» Ha spiegato al Guardian lo psicologo sociale Daniel Jolley, docente senior di psicologia alla Northumbria University,
Terreno fertile - Le teorie complottiste fioriscono sempre nei momenti di crisi, quando gli esseri umani sentono il bisogno di sentirsi in controllo della situazione. «Ci si sente insicuri, in pericolo, e per questo motivo si cercano risposte e si è più disponibili ad accettare quelle che ci vengono proposte» ha spiegato Jolley. Tuttavia, questo può presentare un problema a lungo termine: nonostante un appagamento iniziale, accogliendo una teoria cospirativa si inizia in seguito a mettere in dubbio anche molte altre certezze, e tutto ciò non fa che aumentare l'ansia e lo stress psicologico.
«Comunque il Covid-19 non è il primo caso di questo genere, anche quando si è iniziato a parlare maggiormente del virus Zika sono apparse diverse teorie cospirative che sostenevano che questo virus sia stato fatto dall'uomo mediante zanzare modificate geneticamente. Insomma, le narrative cospirative fioriscono in tempi di incertezza» ha raccontato l'esperto. «Il mondo è caotico, ed avere un gruppo tangibile da incolpare, che pensa ai propri profitti, risulta più semplice ed appagante».
I social e la censura - È comunque importante analizzare anche il ruolo dei social media, è possibile che una simile teoria venga generata proprio all'interno delle reti sociali, e ciò potrebbe spingere le persone ad azioni anche nella realtà, come nel caso del 5G.
«È importante sempre tenere in considerazione che una "teoria complottista" per alcuni diventa la loro realtà. In questo senso bisogna agire con cautela, poiché bannandoli ed eliminando i loro contenuti si rafforzerebbe solamente la loro "verità", "censurata dai poteri forti"». D'altro canto, «con la libertà totale d'espressione si rischia che determinate teorie, basate su falsità e che potrebbero portare ad azioni pericolose, finiscano in "tendenza" e si espandano a macchia d'olio. Bisogna trovare un equilibrio» ha illustrato il professore.
Le situazioni pericolose - Oltre che false, le teorie complottistiche possono risultare anche pericolose. Lo ha confermato l'esperta di teorie del complotto Joanne Miller, dell'Università del Delaware.
«Ci sono due tipi di pericoli legati alle teorie cospirative del Covid-19. Il primo coinvolge ciò che stiamo vedendo ora, come dare fuoco alle antenne 5G, ma l'altro è una preoccupazione potenzialmente più ampia: le persone potrebbero resistere, man mano che si procede, o di fare test di anticorpi o di accogliere il vaccino quando verrà creato», e ciò potrebbe risultare molto pericoloso anche per altre persone a loro vicine, lo ha spiegato l'esperta in un articolo rilasciato dall'Università.
L'influenza della personalità - Secondo alcune ricerche, anche l'esperienza di vita di una persona gioca un certo ruolo. «Sappiamo che i narcisisti credono più facilmente ad un certo tipo di teorie complottiste, vista la loro volontà di affermarsi a livello psicologico, ma anche le persone provenienti da minoranze o gruppi che hanno vissuto una certa discriminazione ne sono più suscettibili. Dipende anche molto dall'ambiente in cui si cresce e dalle idee delle persone circostanti» racconta Jolley, sempre al Guardian.
È inoltre anche sottolineata la presenza di un chiaro "bias di conferma", ovvero un fenomeno cognitivo per il quale le persone tendono a rimanere solo nell'ambito delle proprie convinzioni, ignorando ciò che va contro alle proprie idee. E c'è anche il "proportionality bias", la tendenza a prendere per scontato che i grandi eventi debbano avere dietro grandi cause. Un fenomeno globale come il Covid causato da un piccolo animale non convince molti. È un altro fattore che spinge le persone a credere alle teorie del complotto.
Come rispondere - Il modo migliore per discutere di queste teorie con i diretti interessati è di parlarci e mostrare i fatti e le prove. Tuttavia, coloro la cui convinzione è estrema, e ai quali salirà immediatamente l'ansia e il senso di perdita di controllo, potranno confutare ogni argomento dicendo solo "è ciò che vuole farvi credere il Governo". «In ogni caso, oltre ad assicurarsi che i social media e l'ambiente digitale siano costellati da notizie vere, l'arma migliore è farli pensare, alle prove, ai fatti, anche alle loro stesse argomentazioni» ha concluso Jolley.
Anche l'esperta Joanne Miller è sulla stessa linea: «Bisognerebbe inoltre fare una pausa prima di condividere qualcosa con amici e familiari sui social media. Fermarsi e vedere se anche altre fonti di cui ci fidiamo, ma anche fonti di cui non ci fidiamo, parlano della stessa cosa allo stesso modo».