Il presidente Bolsonaro nel mirino delle proteste per aver banalizzato la pandemia di Covid-19.
Il Brasile ha vissuto una sola, lunghissima, ondata di infezioni. Nelle ultime 24 ore ha registrato oltre 81mila nuovi casi e 2'247 morti.
CUIABA / RIO DE JANEIRO - «Vattene». «Genocida». «Via Bolsonaro». «Dentro i vaccini, fuori il genocida». Le voci contro il presidente brasiliano sono tornate a tuonare ieri tra le proteste, quando il Brasile ha ufficialmente superato nelle statistiche la soglia del mezzo milione di vittime legate alla pandemia di Covid-19.
Una tragedia umana - lo Stato sudamericano è, dopo gli Stati Uniti, il più colpito in termini di vite umane perse a causa del coronavirus - che sempre più cittadini attribuiscono alla politica "negazionista" con cui Jair Bolsonaro ha banalizzato la pandemia sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria mondiale. «Cinquecentomila morti. Ed è colpa sua», si legge su uno degli striscioni.
Di fatto, se si osserva l'andamento della curva, il Brasile ha vissuto una sola, lunghissima, ondata di infezioni. La coda di quella che avrebbe dovuto essere la prima ondata, e che sembrava in procinto di esaurirsi lo scorso autunno, si è ridestata improvvisamente sul finire del 2020, gettando nuovamente il Brasile nella morsa dell'emergenza, con picchi di oltre 90mila nuovi casi e 2000 morti al giorno.
E con il crescere di queste cifre è aumentato anche il numero di proteste nelle strade, come quelle avvenute ieri nelle città di Cuiabà, di Rio De Janeiro, e in tante altre località, in almeno 22 dei 26 stati che compongono il Paese.