C'è più sicurezza nelle strade, ma l'economia è a pezzi: «Gli afgani sono affamati, le banche sono chiuse»
Antonio Guterres, dell'ONU, ha chiesto di agire, per evitare «il collasso di un intero Paese»
KABUL - Il 15 agosto, i talebani hanno conquistato Kabul, istituendo l'Emirato Islamico di Afghanistan. Oggi è passato un mese da quando sono al potere, trenta giorni per stabilizzarsi, per convertire una vittoria fulminea in un governo duraturo in tempo di pace, e per avviare il rilancio dell'economia.
Un compito decisamente arduo, se non impossibile: infatti, dopo quattro decenni di guerra e la morte di decine di migliaia di persone, l'economia dell'Afghanistan è in rovina, nonostante le centinaia di miliardi di dollari di aiuti stranieri, e non, spesi per lo sviluppo.
I funzionari talebani comunicano di essere al lavoro per far funzionare di nuovo i servizi, e annunciano che le strade sono ora sicure, ma mentre la guerra si sposta nel passato, il presente è attanagliato da una profonda crisi umanitaria.
«Non ci sono più furti, ma non c'è neanche più pane», ha dichiarato all'agenzia di stampa Reuters un negoziante di Kabul.
L'ombra della fame
Mentre il mondo aspetta di vedere se il nuovo Governo talebano manterrà le sue promesse sui diritti delle donne e sui rapporti con i gruppi militanti, la priorità per molti cittadini afghani è la semplice sopravvivenza.
«Ogni afgano, compresi i bambini, è affamato. I cittadini non hanno un solo sacchetto di farina o dell'olio da cucina», ha detto Abdullah, un residente di Kabul. Nella capitale, ha poi raccontato, sono comparsi mercati improvvisati un po' ovunque, con le persone che tentano di vendere i propri beni e oggetti casalinghi in cambio di contanti. Tuttavia, gli acquirenti scarseggiano. Le banche, invece, spesso non aprono neanche, e se aprono - raschiando i fondi del barile delle casse statali - concedono di prelevare solo quantità limitate.
La siccità e la carestia stanno poi spingendo migliaia di persone dalla periferia verso le città, con il Programma Alimentare Mondiale (WFP) che teme che il cibo possa finire entro la fine del mese, spingendo fino a 14 milioni di persone sull'orlo della fame.
«Peggiora ogni giorno»
Sebbene buona parte dei cittadini abbia accolto con favore la fine dei combattimenti, ogni sollievo è stato bruscamente interrotto dal quasi arresto dell'economia. I posti di lavoro sono scarsi e molti lavoratori del governo non vengono pagati almeno da luglio.
«La sicurezza è abbastanza buona al momento, ma non stiamo guadagnando nulla», ha confermato sempre a Reuters un macellaio della zona di Bibi Mahro, a Kabul. «Ogni giorno le cose peggiorano per noi. È una situazione davvero brutta».
A livello internazionale ci si sta muovendo, con molte organizzazioni umanitarie che hanno promesso aiuti per prevenire quello che il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha definito «il collasso di un intero paese».
Una (s)fiducia internazionale
Tuttavia, sebbene i funzionari talebani abbiano detto che non intendono ripetere le modalità di Governo utilizzate in passato, cercando di convincere il mondo esterno che sono davvero cambiati, la reazione internazionale è cauta e piuttosto fredda.
D'altronde, le notizie di civili uccisi e di giornalisti picchiati, e i dubbi sulla questione dei diritti delle donne ("saranno davvero rispettati?"), hanno minato la fiducia dei Paesi esteri. Diffidenza che è poi stata esacerbata dall'annuncio degli esponenti del Governo, tra cui il Ministro degli interni Sirajuddin Haqqani, definito dagli Stati Uniti come «terrorista globale». E anche dai litigi e dagli scontri interni, tra talebani, sulla divisione dei poteri all'interno dell'autorità politica.
Indipendentemente dal riconoscimento internazionale del Governo talebano, la gente comune, in Afghanistan, si augura almeno che si possano sbloccare al più presto i più di 9 miliardi di dollari di fondi della banca centrale, ancora fermi all'estero. Una sottile speranza, per un misero miglioramento delle sempre più ardue condizioni di vita.