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Tutto l'anno a pedalare per un'insaziabile Grande Mela

STATI UNITITutto l'anno a pedalare per un'insaziabile Grande Mela

07.10.21 - 06:00
Le durissime vite dei rider che per un pugno di dollari sfidano ogni giorno il traffico spietato della metropoli Usa
Imago/UPI
Tutto l'anno a pedalare per un'insaziabile Grande Mela
Le durissime vite dei rider che per un pugno di dollari sfidano ogni giorno il traffico spietato della metropoli Usa

NEW YORK - Sfrecciano veloci sulle loro biciclette, facendo pericolosi slalom nel traffico furioso di New York, tra i peggiori al mondo. Sono 65mila i rider che ogni giorno attraversano le vie della metropoli americana, con le loro enormi borse termiche, per consegnare cibo a domicilio. Durante la pandemia in città sono stati considerati «lavoratori essenziali».

Eppure la loro paga è sotto il minimo sindacale, ma soprattutto sono spesso vittime d'incidenti e non hanno grandi tutele alle spalle. Dall’inizio dell’anno ne sono morti già nove in servizio. A fare luce sulle condizioni di lavoro dei rider è ora una ricerca dell’associazione Worker’s Justice Project in collaborazione con la prestigiosa Cornell University.

I dati sono stati raccolti tra dicembre 2020 e aprile 2021. A emergere è innanzitutto il bassissimo salario: 7,94 dollari all’ora che diventano appena 12,21 se si aggiungono le mance (che non sempre i clienti lasciano). Una paga che è addirittura inferiore al salario minimo che a New York è stabilito a 15 dollari pieni. La ricerca è stata dedicata alla memoria dei rider morti sul lavoro (ben sedici in due anni). Secondo il sondaggio, circa la metà dei rider ha avuto un incidente durante una consegna a domicilio. Il 30% ha dichiarato di aver subito aggressioni e furti, mentre a oltre il 50% è stata rubata la bicicletta.

«Io cerco di non perderla mai d’occhio» ci dice Mamadou, che incontriamo in un momento di riposo, appoggiato alla sua preziosa bici elettrica. «L’ho comprata con grandi sacrifici. Mi è costata quasi duemila dollari. Purtroppo per questo lavoro occorre un mezzo così, agile e veloce, che ti permetta di fare più consegne possibile». Ci chiede di non riprenderlo in volto, non vuole che la sua famiglia in Guinea sappia come vive.

«Lo stipendio è molto basso, ma questo lavoro mi permette di sopravvivere». Soprattutto in pandemia. «Le consegne sono raddoppiate. Credo che io e i miei colleghi siamo stati fondamentali durante la crisi».

I pericoli li ha messi in conto dal primo giorno in cui ha iniziato a lavorare come fattorino. «Cerco di stare attento, spero di cambiare mestiere prima o poi. Intanto sono passati già quattro anni».

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