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NUOVA GUINEASequestrano e uccidono, il pericolo in mare sono i pirati

18.10.21 - 07:01
Agiscono perché agevolati dalla polizia corrotta e da chi detiene il potere. Ecco dove non andare mai per mare
Reuters
Soldati portoghese catturano pirati nelle acque indiane
Soldati portoghese catturano pirati nelle acque indiane
Sequestrano e uccidono, il pericolo in mare sono i pirati
Agiscono perché agevolati dalla polizia corrotta e da chi detiene il potere. Ecco dove non andare mai per mare

NUOVA GUINEA - Anche se non hanno più la benda sull’occhio e la Jolly Roger issata sull’albero maestro, i pirati continuano a solcare i mari in cerca del proprio tesoro. Niente a che vedere, però, con il mito romantico del pirata dall’animo nobile: i pirati moderni sono criminali armati fino ai denti che si arricchiscono con attività illegali tra le quali depredare le navi che trasportano materie prime di pregio o chiedere ingenti somme di denaro a titolo di riscatto per il rapimento di membri dell’equipaggio della nave assalita.

Il numero di incidenti riportati nel primo semestre del 2021 è stato di 68 assalti che includono 61 arrembaggi, 4 tentativi di attacco, 2 sparatorie e un dirottamento. I dati, diffusi dall’IMB, una sezione specializzata della Camera di Commercio internazionale incaricata nel monitoraggio di attività criminali legate al trasporto ed al commercio marittimo, evidenziano come il fenomeno della pirateria sia attivo e molto violento avendo causato il rapimento di 50 membri dell’equipaggio e l’uccisione di uno di essi.

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Acque pericolose - Lo scorso 23 gennaio, infatti, una grande nave portacontainer battente bandiera liberiana, la MV Mozart, partita da Lagos e diretta a Città del Capo, fu avvicinata al largo delle coste nord-occidentali di Sao Tomè e Principe, nel Golfo di Guinea, da una imbarcazione di uomini armati. Una volta saliti a bordo, i pirati riuscirono ad avere accesso alla cosiddetta ‘cittadella, ossia l’area blindata dell’imbarcazione in cui si rifugia l’equipaggio in caso di pericolo. Durante l’assalto, i pirati uccisero un marinaio e rapirono 15 membri dell’equipaggio che furono liberati, dopo 20 giorni, a fronte del pagamento di un ingente riscatto da parte della compagnia navale, la turca Boden Meritime. Prima di abbandonare la nave, i pirati disattivarono anche tutta la strumentazione di bordo ad eccezione del sistema di navigazione che permise, ai 3 superstiti dell’attacco, di condurre la nave in un porto sicuro. Lo scorso 11 marzo, nel Benin, un gruppo di pirati rapì 15 membri dell’equipaggio di una nave battente bandiera maltese mentre all’inizio di giugno una nave portarinfuse, ossia specializzata nel trasporto di carichi non raggruppati in container, mentre navigava la largo delle coste del Lagos fu avvicinata da una imbarcazione pirata. In questo caso, però, il tentativo di abbordaggio fu respinto grazie ad una adeguata armatura navale.

ReutersLa nuova Guinea è una delle aree più martoriate dal fenomeno della pirateria.

Appoggiati dalle forze dell'ordine - Secondo un recente studio, condotto dai ricercatori di tre università americane e cofinanziata dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, la pirateria è un fenomeno geograficamente limitato ed è generalmente dovuto alla debolezza politica interna dei Paesi interessati. La tesi dei ricercatori impegnati nella ricerca, Brandon Prins, Anup Phayal e Aaron Gold, è che i pirati ricevono sostegno dalle forze dell’ordine e da gruppi di potere corrotti che garantiscono loro una quasi totale impunità. Di oltre il 60% degli attacchi, condotti dal 1995 al 2017, sono stati responsabili gruppi di pirati provenienti da 5 Paesi, tutti afflitti da una grave crisi economica: Somalia, Nigeria, Malesia, Bangladesh e l’Indonesia. Il Golfo di Guinea è, di sicuro, una delle aree più martoriate dal fenomeno della pirateria essendo un punto nevralgico per il trasporto di petrolio greggio estratto dai giacimenti dell’Africa occidentale. Gli attacchi condotti contro le navi mercantili sono frequentemente finalizzate al sequestro dei membri dell’equipaggio visto che si tratta, per gli assalitori, dell’attività attualmente più remunerativa e di facile organizzazione. Secondo una stima dell’Unodc, l’Ufficio antidroga e anticrimine delle Nazioni Unite, il costo del pagamento di un riscatto si aggira intorno ai 250 mila euro, quasi il doppio rispetto al 2016, per un valore complessivo di 3,5 milioni di euro pagati ai pirati nel delta del Niger. I marittimi che accettano di navigare in queste acque così pericolose, corrono inoltre il rischio di contrarre malattie quali il tifo e la malaria nel periodo in cui, in attesa del pagamento del riscatto, vengono nascosti dai pirati nelle zone paludose del delta del Niger. Per capire meglio il fenomeno della pirateria, non bisogna dimenticare che in Nigeria, uno dei Paesi che esercita il maggior controllo sul Golfo di Guinea, lo stipendio medio è di meno di un dollaro al giorno ed è per tale motivo che la pirateria viene vista, da molti giovani, come una valida alternativa alla fame ed alla miseria che li attanaglia.  Anche la Somalia era tristemente nota per il fenomeno della pirateria. Solo nel 2011 ci furono 257 attacchi al largo della Somalia: lo scoppio della guerra civile, anni prima, e la totale mancanza di un governo centrale furono il terreno ideale per la nascita del fenomeno della pirateria. Inizialmente, queste bande criminali godevano del favore di gran parte della popolazione perché si impegnavano in operazioni di salvaguardia dell’ambiente e del rispetto dei confini marittimi nazionali. Molte navi straniere, infatti, violavano i confini somali per pescare quantità non sostenibili di pesce o scaricare in mare dei rifiuti altamente tossici e, in alcuni casi, anche radioattivi. Negli anni successivi, però, a seguito di importanti operazioni di polizia internazionale, il fenomeno, diminuì di intensità anche grazie al venir meno del sostegno popolare.

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Il terrore dello stretto di Singapore - Altro luogo particolarmente battuto dalle navi pirata è lo stretto di Singapore, passaggio obbligato per accedere al secondo porto più trafficato al mondo, quello di Shanghai. In tale stretto si è assistito ad un notevole incremento degli attacchi di gruppi di pirati: 16 nei primi 6 mesi del 2021 rispetto agli 11 dell’anno successivo. La conformazione geografica dello stretto di Malacca, composto da migliaia di isole e foci fluviali, costituisce il luogo ideale per offrire riparo ai pirati che vogliono sfuggire alla cattura. Nel novembre del 2020, nell’arco di sole 6 ore, si assistette, in questa area geografica, a ben 3 episodi di assalto a mano armata contro la petroliera Zeno e le portarinfuse Lefkada e Atlantic Diana. Anche se tali assalti non comportarono alcun grave scontro tra gli assalitori ed i membri dell’equipaggio, rimangono esemplificativi del rafforzarsi del fenomeno della pirateria nello stretto di Singapore.

Le acque difficili dell'America latina - In America Latina, nel 2017, sono state attaccati 854 marittimi, con un netto aumento rispetto al 2016 che aveva fatto registrare 527 incidenti. Il mare che costeggia il Venezuela è il luogo più colpito dal fenomeno vista anche la crisi economica e politica in cui versa il Paese. Qui, nel tratto di mare che divide il Paese da Trinidad e Tobago, solo nel 2017 sono stati registrati 71 importanti incidenti a danno di yacht e navi mercantili con un aumento del 163% rispetto all’anno precedente. Inoltre si assiste frequentemente a casi di collusione tra gli agenti ed i pirati per spartirsi il bottino degli attacchi. Gli attacchi sono aumentati anche nelle acque prospicienti Haiti, St.Lucia, Nicaragua e Honduras: qui i pirati trafficano armi, droga, animali esotici e persino donne.

 

Imago

I motivi - Vi sono diversi motivi per cui non si è ancora riusciti ad arginare, se non risolvere, il grave problema della pirateria. In base all’articolo 111 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, le nazioni costiere possono perseguire e sequestrare qualsiasi nave coinvolta in attività illecite oltre le proprie acque nazionali se l’inseguimento, cominciato in acque territoriali, sia poi proseguito in acque internazionali. Se però la nave pirata continua la navigazione nelle acque territoriali di un altro Paese, l’inseguimento deve cessare. In tal caso la nave delle forze dell’ordine deve tornare indietro a meno che non si sia instaurato un qualche accordo di collaborazione tra Paesi, cosa molto improbabile in aree geografiche martoriate da conflitti interni o con Paesi confinanti. La mancanza di collaborazione tra nazioni interessate al fenomeno della pirateria non permette, quindi, una efficace opera di contrasto di tali attività illecite. Inoltre, il contrasto all’attività di pirateria ha dei costi elevati ed è considerato, da molti governi, un obiettivo secondario rispetto ad altri sentiti come più urgenti. Rimane il fatto che sempre più numerose bande di criminali, spinti dalla povertà o dalla prospettiva di un facile guadagno, solcano il mare mettendo a repentaglio l’incolumità di uomini impegnati solo a fare il proprio lavoro, senza che si riesca a trovare una soluzione comune per fermarle.

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