Sono sempre più frequenti i tentativi di bucare dall'alto la sorveglianza nei penitenziari
L'ultimo episodio a Frosinone dove un camorrista, lì detenuto, si è fatto recapitare una pistola per mettere in atto una vendette. Ma il fenomeno si riscontra anche altrove, con gli Stati Uniti precursori
ROMA - Servirebbe munire le carceri di una contraerea... Un’esagerazione? Certo, che però nasce da un problema che sta diventando sempre più diffuso, in Europa come negli Stati Uniti. Il ricorso massiccio ai droni per portare oggetti ai detenuti, soprattutto telefonini, ma non solo, anche droga e persino armi. Insomma, se una volta, nella letteratura carceraria la “lima” per segare le sbarre veniva occultata all’interno della torta della domenica, oggi anche il mondo della criminalità ricorre alla tecnologia.
L'arma arriva dal cielo - La goccia che ha fatto traboccare il vaso arriva dall’Italia. Per la precisione, nel carcere di Frosinone, nel Lazio, dove un camorrista appena messo agli arresti si è fatto recapitare una pistola proprio con un drone per punire tre detenuti che lo avevano offeso e picchiato qualche giorno prima.
Droga sui droni - L’allarme è scattato da tempo, almeno a sentire le lamentele del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) che aveva denunciato come i mini “velivoli” sarebbero stati più volte utilizzati a Bari per “scavalcare” le mura di cinta del carcere; non per portare armi, però, ma per consegnare droga da spacciare. Per non parlare dei telefonini in possesso ai detenuti che rappresentano quel mezzo di comunicazione con la malavita esterna. Nel 2020 nelle carceri italiane sono stati rinvenuti 1.761 telefoni cellulari. Erano stati 1.206 nel 2019 e 394 nel 2018. Sempre nel carcere di Frosinone, il 3 giugno, era atterrato un drone, prelevato dagli agenti, con tre cellulari. Andando a ritroso nel tempo sono oramai tantissimi i precedenti, da Secondigliano a Taranto dove addirittura, per coprire il rumore dei droni durante la notte, erano stati organizzati dei fuochi d’artificio nelle vicinanze del carcere.
Altri episodi al volo - Ma la situazione non è migliore nel resto del mondo. A inizio agosto, nottetempo, nel cortile del carcere di Nîmes, in Francia, si è schiantato un drone con alcuni seghetti da metallo. Nel carcere di Bedford, Regno Unito, un anno e mezzo fa era atterrato un drone con un piccolo quantitativo di hashish, un cacciavite, un coltello e un telefono cellulare. Anche in Germania i tentativi di attacco a strutture carcerarie con piccoli apparecchi volanti sono sempre più frequenti.
Gli Usa precursori - Da questo punto di vista gli Stati Uniti sono stati precursori in questo fenomeno. Già diversi anni fa i primi casi: nel carcere di Mansfield, in Ohio, dove degli stupefacenti e del tabacco sganciati da un mini-drone nel cortile del penitenziario avevano scatenato una rissa tra i detenuti sulla proprietà di quell’involucro. Stessa cosa era successa nel centro di detenzione dello Utah, vicino a Draper, dove le sentinelle hanno avvistato un oggetto volante, non un ufo, ma identificato proprio come drone che una volta scoperto si era allontanato.
Un radar troppo efficace - Nemmeno la Svizzera è stata risparmiata. Nel penitenziario Bonstadel di Menzingen (Zugo) c'era stato già nel 2014 un tentativo di trasportare un telefono cellulare all'interno della struttura con un drone. Per questo alcune strutture modello sono già corse ai ripari. È il caso del penitenziario di Lenzburg (Argovia), e poi proprio quello di Menzingen, che hanno installato un sistema d'allarme contro i droni ed altri apparecchi volanti, che utilizza la videosorveglianza e un radar capace di identificare apparecchi volanti di piccola grandezza. Un sistema che dopo qualche problema nella fase di test, rilevava anche gli uccelli, è stato affinato fino ad avere risultati soddisfacenti, in Svizzera e non solo.