La sua testimonianza è ritenuta fondamentale per risalire ai veri responsabili dell'assalto a Capitol Hill.
L'ex stratega di Donald Trump però si rifiuta di parlare con la commissione d'inchiesta. Il presidente Bennie Thompson: «Non possiamo permettere che qualcuno ostacoli il nostro lavoro per arrivare alla verità, la posta in palio è troppo elevata».
WASHINGTON - Steve Bannon rischia fino a un anno in una prigione federale, accusato di oltraggio al Congresso: l'ex stratega di Donald Trump alla Casa Bianca, tutt'oggi uno dei più influenti alleati dell'ex presidente, si rifiuta infatti di collaborare con la commissione d'inchiesta che alla Camera indaga sull'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso. Un vero e proprio assalto alla democrazia americana, come lo ha definito l'attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden, che provocò 5 morti e 140 feriti.
«La testimonianza di Bannon è fondamentale per risalire ai veri responsabili e alle cause di quanto accaduto», ha spiegato Bennie Thompson, il presidente democratico della commissione che ha votato all'unanimità la raccomandazione in cui si chiede all'aula della Camera di votare l'incriminazione di Bannon, inviandolo davanti a una corte federale.
Il voto è atteso nelle prossime ore e si tratta di un chiaro segnale lanciato anche agli altri alleati di Trump chiamati a testimoniare e che al momento stanno negoziando la portata della loro eventuale cooperazione. Sono gli altri dell'ex cerchio magico del tycoon, dall'ex capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, al suo vice Dan Scavino, all'ex capo di gabinetto del Pentagono Kash Patel.
«Non possiamo permettere che qualcuno ostacoli il nostro lavoro per arrivare alla verità, la posta in palio è troppo elevata», ha affermato il presidente della commissione. E la verità che Bannon vuole coprire, secondo la deputata repubblicana anti-Trump Liz Cheney, è solo una: quella che l'ex presidente, con la complicità dello stesso Bannon, «è personalmente coinvolto nella pianificazione e nell'esecuzione della rivolta del 6 gennaio». Ed è per questo che il controverso personaggio star del mondo ultraconservatore, per respingere la richiesta di testimoniare, ha fatto appello al «privilegio esecutivo», vale a dire l'immunità di cui gode un presidente. Una tesi respinta dai più: tanto che i vertici della commissione non escludono di arrivare a inviare un mandato di comparizione anche allo stesso Trump.
Intanto per il tycoon arrivano nuovi guai dalla Trump Organization, finita nel mirino di un'altra indagine penale della procura di New York legata ai campi da golf di cui il gruppo è proprietario. Secondo le indiscrezioni del New York Times, al fine di ridurre le tasse da pagare sarebbe stato dichiarato un valore inferiore del Trump National Golf Club di Westchester.