Sono sotto i riflettori dall'inizio della diffusione del virus.
Tra provocazioni mediatiche, canzoni e mire politiche, gli esperti del Covid si apprestano a vivere gli ultimi giorni di gloria.
MILANO - Checco Zalone gli ha rappresentati tutti all’ultimo Festival di Sanremo. È diventata virale la sua esibizione sul palco dell’Ariston in cui il comico ha interpretato il ruolo di "Oronzo Carrisi", un improbabile virologo, cugino del più noto cantante Al Bano, che ha cantato con lo stesso accento di voce la canzone "Pandemia ora che vai via".
Un testo ovviamente ironico e provocatorio sulle presunte paure dei virologi già in crisi di notorietà in vista di un’estate, e magari un futuro, quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo. “Il bollettino non fa più notizia e Fazio già mi ha tolto l’amicizia”, oppure "Mi mancano le conferenze stampa in Regione Lombardia" sono solo alcune delle frasi del testo di un'ironia pungente.
Il tris italiano
A dire la verità Checco Zalone non ha fatto poi nulla di così nuovo. Un paio di mesi fa, infatti, erano stati proprio tre veri virologi italiani, che in questi due anni sono andati per la maggiore, Matteo Bassetti, Andrea Crisanti e Fabrizio Perigliasco a lanciarsi con un tormentone natalizio cantata un po’ per gioco, un po’ per lanciare un ennesimo messaggio di sensibilizzazione in vista delle feste. “Sì, sì, sì vax, vacciniamoci – Se tranquillo vuoi stare i nonni non baciare”, recitava la super hit natalizia diventata virale ma anche oggetto di tante critiche sia dal mondo della sanità che da quello dello spettacolo. Tanto che un vero cantante, Ultimo, li ha bacchettati sui social consigliandogli di tornare negli ospedali e accusandoli di essere entrati troppo nei panni di star televisive.
L’appellativo di “stelle” rende l’idea dell’affermarsi anche e soprattutto comunicativo dei virologi che soprattutto in Italia sono diventati un vero e proprio fenomeno mass mediatico. Ogni trasmissione che si rispetti, in questi due anni, ne aveva uno, fisso o in collegamento a rotazione, da Burioni, forse la prima “star” nella primavera 2020 agli albori della pandemia, a Massimo Galli passando per Ilaria Capua e tutti gli altri. In nome della scienza, della medicina ma non solo. Virologi ovunque. Virologi in tutti i programmi tv, virologi sui social, sulle riviste di gossip, virologi alla Partita del cuore e persino al festival del cinema di Venezia. Burioni ha sfilato sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia. Bassetti ha giocato la Partita del Cuore 2021 ed ha ammesso al settimanale Chi: «Non nascondo che la telecamera è una droga e mi piace piacere». Visibilità e notorietà che adesso potrebbe portarli in politica. Crisanti ha ammesso di aver già ricevuto la proposta da Pd-M5S di candidarsi alle suppletive per il seggio di Verona ma ha rifiutato. Basetti e Pregliasco non escludono questa possibilità in futuro con il più classico dei "Nella vita mai dire mai".
Uno stop ai protagonismi
Un fenomeno scaduto nel protagonismo tanto che si era parlato di una sorta di nullaosta da parte del Ministero della Salute per la loro presenza in tv. E se l’Italia ci ha pensato, la Francia ha agito. Il Governo Macron ha stoppato da un anno già la presenza massiccia di virologi in tv, soprattutto del Comitato Scientifico. Ma nel resto d’Europa il fenomeno massmediatico dei virologi è molto più contenuto. A differenza degli Usa. Tanto che lo Smithsonian Museum di Washington, una delle istituzioni culturali più importanti del Paese, collocherà un ritratto di Anthony Fauci, il virologo consigliere della Casa Bianca, nella galleria dedicata ai personaggi più influenti della storia recente.