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MONDOTurkmenistan, l'ultimo "zero" della pandemia

23.05.22 - 16:30
Incredibile ma soprattutto improbabile. Il Paese asiatico è l'unico a non aver mai confermato un solo caso di Covid-19
Depositphotos (foto d'archivio)
Qui, ufficialmente, il Covid non è mai arrivato.
Qui, ufficialmente, il Covid non è mai arrivato.
Turkmenistan, l'ultimo "zero" della pandemia
Incredibile ma soprattutto improbabile. Il Paese asiatico è l'unico a non aver mai confermato un solo caso di Covid-19

ASHGABAT - Cadute Pyongyang e Funafuti, alla fine rimane solo Ashgabat. Dopo che il Covid-19 ha reclamato i primi tre casi ufficiali nel piccolo Stato insulare di Tuvalu, notificati il 20 maggio scorso, c'è un solo stato sovrano che ancora mantiene - sotto quella che è a tutti gli effetti un'impenetrabile campana di vetro - quel prezioso (e altrettanto improbabile) zero alla voce contagi: il Turkmenistan.

Lo diciamo subito: sul fatto che sarebbe stato proprio il regime turkmeno quello in grado di resistere fino all'ultimo all'assalto del coronavirus c'erano pochi dubbi. Ne avevamo già parlato alcuni mesi fa, quando i Paesi che - ufficialmente - non erano stati ancora raggiunti dal virus erano ormai solo una manciata. Alcuni in modo del tutto legittimo e credibile, in virtù delle migliaia di chilometri di acque oceaniche che ne avvolgono i confini. E un paio decisamente meno.

A differenza però della Corea della Nord, il Turkmenistan ha adottato un approccio diverso. Assai più prudente. Una sorta di negazionismo proattivo nei confronti del virus, la cui sinossi può essere incorniciata con: qui il virus non esiste, ma dobbiamo fare in ogni caso il possibile per limitarne la presenza. E infatti, se le alte sfere della nomenclatura di Pyongyang hanno risposto «no, grazie» a chi finora ha offerto loro i vaccini anti-Covid; il governo turkmeno è stato invece il primo al mondo a imporre la vaccinazione obbligatoria per tutta la popolazione adulta. E con la comparsa della variante Omicron, all'alba del 2022 ha imposto una stretta ulteriore, introducendo misure di prevenzione rinforzate e rinsaldando le maglie dei controlli ai confini.

Con queste scelte, Ashgabat ha predisposto idealmente un'impalcatura più stabile sulla quale poter costruire la propria narrazione di un Paese in cui il Covid-19 non esiste. Che da sola però non basta. In oltre due anni di pandemia non sono di certo mancati i report indipendenti che denunciavano focolai, contagi e decessi. Storie di ospedali in difficoltà e medici non preparati e non equipaggiati a dovere per fronteggiare lo scenario pandemico. Ma il Turkmenistan, come nella classifica dei casi confermati, occupa gli ultimi posti anche in quella relativa alla libertà di stampa. E così bavagli e censure sono all'ordine del giorno quando si esce dal binario tracciato. «Negare il diritto dei cittadini all'informazione è molto comune tra i confini» del Paese, si legge nello studio "COVID-19 denial in Turkmenistan veiling the real situation" pubblicato dalla rivista Archives of Public Health.

Non è quindi sbagliato dire, proseguendo con la lettura dello studio, che i cittadini turkmeni - al netto della prevenzione - sono di fatto lasciati a loro stessi nella lotta contro un virus che lo Stato ha sempre più probabilmente deciso di non vedere. E così «molti di quelli che hanno sintomi da Covid-19 finiscono per restarsene a casa, evitando ogni contatto con il sistema sanitario». Anche perché una verifica in tal senso è resa oltremodo difficoltosa dalla scarsa disponibilità di test di depistaggio - e di chiare informazioni su come poterli reperire. Soprattutto per quelli che non hanno, come si suol dire, amici nei posti giusti. O che non hanno i soldi in tasca per poterseli permettere.

Sebbene sia un dato ufficiale, l'ultimo "zero" del Turkmenistan va quindi preso per forza con pinze e guanti monouso. Ed è probabile che il coronavirus abbia in realtà già completato la collezione di visti sul suo passaporto proprio il 20 maggio, dopo essere sbarcato per la prima volta sugli atolli di Tuvalu.

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