L'ex braccio destro di Donald Trump si è detto pronto a testimoniare davanti alla Commissione speciale della Camera.
Il cambio di rotta sembra sia stato manovrato dall'ex presidente che ha esortato il suo stratega «a raccontare la sua verità, dopo essere stato maltrattato». Il Dipartimento di Giustizia: «Testimonianza irrilevante».
WASHINGTON - Steve Bannon è pronto a raccontare la sua verità sui giorni che hanno portato all'assalto a Capitol Hill. Dopo essersi rifiutato per quasi un anno, l'ex braccio destro di Donald Trump ha annunciato alla Commissione speciale della Camera che indaga sull'attacco di voler testimoniare.
Un'udienza pubblica e trasmessa in diretta, questa la richiesta dell'ex stratega della Casa Bianca, che rischia di trasformarsi in uno show scritto e diretto da Trump ma che comunque la commissione considera preziosa per fare luce sui legami tra i gruppi estremisti e l'ex presidente.
Il dietrofront di Bannon è stato comunicato dal suo avvocato, Robert J. Costello, in una mail nella quale si sostiene che l'ex stratega «non ha cambiato posizione», semplicemente non aveva finora potuto testimoniare per via del «privilegio esecutivo» invocato da Trump in suo favore subito dopo i fatti del 6 gennaio 2021. Ora che le condizioni sono cambiate, si legge nel messaggio, e cioè dopo che l'ex presidente ha deciso di revocare la tutela, «il signor Bannon è pronto a ottemperare alla convocazione della Commissione». Preferibilmente, si sottolinea quasi en passant alla fine del messaggio, «in un'udienza pubblica». Poche ore dopo la notizia che Trump aveva dato il via libera alla testimonianza del suo ex stratega in una lettera nella quale lo esortava a «raccontare la sua verità, dopo essere stato maltrattato».
Insomma, una vicenda che sa tanto di trappola architettata ad arte dai due ex compagni di scorribande alla Casa Bianca. Tanto più che il 18 luglio dovrebbe iniziare il processo a Bannon per oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di cooperare con le indagini sull'assalto. Il dipartimento di Giustizia ha già chiarito che la testimonianza è «irrilevante» ai fini del procedimento, ma è possibile che ci sia uno slittamento.
La commissione speciale considera Bannon una figura cruciale per comprendere i legami tra i gruppi estremisti che hanno messo a ferro e fuoco il Campidoglio e l'amministrazione Trump, argomento della prossima udienza pubblica in programma domani. L'ex stratega è stato accusato di aver brigato per far uscire dal carcere il capo dei Proud Boys, Enrique Tarrio, due giorni prima l'assalto.
Ed è ritenuto un personaggio fondamentale nel processo di radicalizzazione dei sostenitori dell'ex presidente attraverso il suo podcast "War room", bandito da tutte le principali piattaforme social per i contenuti violenti. Lui stesso in più di un'occasione si è vantato di essere «l'ideologo» dietro i tentativi di Trump e i suoi di ribaltare il risultato delle elezioni vinte da Joe Biden. Ed era Bannon, secondo quanto riferito dalla super testimone Cassidy Hutchinson, che l'allora capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, avrebbe dovuto incontrare in gran segreto in un hotel di Washington la notte prima dell'assalto.
È chiaro quindi che la testimonianza dell'ex stratega può rappresentare un punto di svolta nella ricostruzione dei giorni più bui nella storia recente degli Stati Uniti. La commissione dovrà però trovare il modo di ascoltarla senza concedere a Bannon, e a Trump, uno show da prima serata.