L'accordo, tra Stati Uniti e Russia, per ridurre gli arsenali nucleari. Il primo fu siglato nel 1991. Il più recente è in vigore dal 2011
Il primo lo firmarono a quattro mani, il 31 luglio 1991 a Mosca, gli allora presidenti di Stati Uniti e Unione Sovietica, George H.W. Bush e Mikhail Gorbaciov. L'ultimo, siglato l'8 aprile 2010 a Praga, reca le firme di Barack Obama e Dmitry Medvedev. Sono gli accordi START - acronimo che sta per Strategic Arms Reduction Treaty -; quelli da cui il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato questa mattina la sospensione durante il suo lungo discorso sullo Stato della Nazione.
Una sospensione. Non un ritiro. Perché Mosca, considerata la situazione attuale - ossia il robusto sostegno muscolare di Washington a Kiev - «non può permettere agli ispettori americani di visitare i siti nucleari russi». Ma in cosa consistono questi trattati?
Il primo di questi, ribattezzato START I con l'avvento dei successivi, fu siglato cinque mesi prima della dissoluzione dell'ex URSS. Entrato poi in vigore nel 1994, aveva l'obiettivo di ridurre il numero di armamenti nucleari strategici in dotazione alle due potenze firmatarie. Il mondo, lo ricordiamo, si avviava verso l'uscita dalla "Guerra fredda". Per vedere il trattato implementato nella sua interezza ci vollero poco più di 10 anni, ovvero fino alla fine del 2001, con la rimozione dell'80% degli armamenti nucleari strategici esistenti. A questo seguirono lo START II, siglato in prima istanza all'alba del 1993 e rimasto a lungo in ghiaccio, fino al suo superamento con la firma del Trattato di Mosca (SORT) nel 2002, che riduceva ulteriormente il numero di testate (dalle oltre 6000 dello START I a un massimo di "sole" 2200) e poneva un divieto sull'uso delle testate multiple indipendenti, meglio note con la sigla MIRV. Nel 1997 si parlò anche di uno START III, ma i negoziati non entrarono mai nel vivo.
New START: arsenali ridotti e più "trasparenti"
L'accordo bilaterale più recente, come detto, è il New START firmato a Praga. Ed è il solo rimasto in vigore. Ratificato nel febbraio 2011 e, proprio oggi, sospeso da Mosca. Il testo, si legge sul sito del Dipartimento della Difesa statunitense, impone un'ulteriore riduzione rispetto ai suoi predecessori, limitando a 1'550 il numero di testate nucleari e a 700 quello dei vettori nucleari - quindi tra ICBM, sottomarini e bombardieri - operativi in contemporanea. Il raggiungimento della soglia da parte di Stati Uniti e Federazione Russa è stato confermato il 5 febbraio 2018. E da quel momento entrambe le parti non l'hanno più oltrepassata*.
A essere particolarmente spinosa, in questo momento, è però la questione delle ispezioni in loco. Il trattato prevede che ne vengano effettuate fino a un massimo di 18 ogni anno, che consentano alle parti di confermare, tra le altre cose, il rispetto dei limiti imposti dall'accordo. In particolare, i termini prevedono due tipologie di controllo: le ispezioni a siti in cui sono presenti sia sistemi strategici operativi che non schierati (fino a 10 volte all'anno) e quelle invece destinate a siti che ospitano unicamente sistemi strategici non operativi (fino a 8 volte all'anno).
*Secondo le ultime cifre aggiornate dalla Difesa statunitense, risalenti allo scorso 1° settembre, gli Stati Uniti dispongono al momento di 1'420 testate nucleari e di 659 vettori nucleari operativi. La Russia invece ne conta, rispettivamente, 1'549 e 540.