Nel discorso di Vladimir Putin molta retorica e l'indice sempre puntato contro l'Occidente. Ma è un V-Day con la vu minuscola
MOSCA - La Russia «vuole la pace» ma oggi «non c'è cosa più importante» dell'operazione militare speciale in corso in Ucraina e «siamo orgogliosi di chi partecipa». Può essere così condensato, prendendo in esame queste due diapositive, il senso del discorso che il presidente russo Vladimir Putin ha pronunciato poche ore fa nella (blindatissima) Piazza Rossa di Mosca per il Giorno della Vittoria.
Un discorso, in un certo senso, pronunciato "a voce bassa", così come più basso è in fondo il tenore delle celebrazioni. La cura dimagrante a cui è stata sottoposta la consueta parata (il "vuoto" di quel carro armato solitario - un vecchio T-34 risalente alla Seconda Guerra Mondiale - che sfilava davanti alla folla nel cuore di Mosca). Il timore, sincero, inchiostrato dall'esplosione dei due droni sbriciolati proprio sopra il Cremlino poco meno di una settimana fa. È il 9 maggio; il Giorno della Vittoria, ma con la vittoria che oggi suona più che mai confinata nelle sole parole e nella storia. Insomma, un cosiddetto V-day, ma con la vu minuscola.
Lo "Zar" ha fatto quadrato attorno alla Russia e al suo popolo, perché «nulla è più forte della nostra unità». E come aveva fatto lo scorso anno ha speso nuovamente la parola «eroi» per i russi, spesso molto giovani, impegnati in terra ucraina. Quelli che verranno ossequiati con l'oro e quelli - molti (le stime indipendenti si aggirano tra i 170mila e i 200mila caduti) - che riceveranno "gli onori" dello zinco (e di quel minuto di silenzio tributato oggi dalla Piazza Rossa). Gli eroi che «l'intero Paese si è mobilitato per sostenere», ha incalzato Putin prima di orientare i fuochi della sua retorica - dalle polveri, invero, un po' umidicce - oltre la trincea.
Contro l'Occidente che «ha dimenticato chi ha sconfitto il nazismo» e ha «scatenato una vera guerra contro la Russia». Un Occidente, ha proseguito il presidente russo, che semina «russofobia», tiene l'Ucraina come «ostaggio delle sue ambizioni» e che «vuole dettare le sue regole a tutte le nazioni». Un Occidente che, con le sue «élite», «provoca conflitti sanguinosi» e, seguendo il filo, da cui la Federazione Russa deve difendersi. Perché «ogni ideologia di dominio è per natura da respingere», citando lo "Zar".
E poi c'è la cornice. Quella che va a contrapporsi alle suddette élite occidentali. Tra gli ospiti del Cremlino c'erano le autorità di diverse ex repubbliche sovietiche. Dalla Bielorussia, al Kazakistan, passando per l'Uzbekistan, l'Armenia, il Tagikistan, fino al Turkmenistan e il Kirghizistan. Come a voler ribadire che Mosca, per quanto isolata, non è comunque sola.