Il leader di Wagner si sarebbe deciso ad ascoltare Lukashenko e gli altri mediatori dopo il mancato sostegno dell'esercito, secondo l'ISW
MOSCA - Analisti militari al lavoro in queste ore, per cercare di decifrare le conseguenze dell'atto di rivolta compiuto sabato dal gruppo Wagner in Russia. L'Institute for the Study of War (ISW) ha raccolto varie voci circolate sui media russi, a partire da quella del mancato colloquio tra il leader delle milizie mercenarie, Yevgeny Prigozhin, e il presidente russo Vladimir Putin.
Putin non ha voluto parlare con Prighozin - A riferirne è Meduza, organo vicino all'opposizione al Cremlino. A mezzogiorno di sabato, quando la colonna di Wagner si stava spostando da Rostov sul Don in direzione della capitale, Prighozin si sarebbe messo in contatto con l'amministrazione presidenziale. Sarebbe stato Putin a rifiutarsi di parlare con quello che, sui media, viene sovente citato impropriamente come il suo "cuoco".
I mediatori e un accordo tutto da attuare - Com'è noto, il progetto di marciare su Mosca si è arrestato dopo l'intervento di negoziatori di altissimo livello. Oltre al dittatore bielorusso Alexander Lukashenko sarebbero stati coinvolti il capo di Stato maggiore dell'ufficio presidenziale russo Anton Vaino e l'ambasciatore russo in Bielorussia Boris Gryzlov. Molti dettagli di quanto concordato non sono stati resi noti, ricorda l'ISW, perciò la valutazione non può che essere parziale. «Le conseguenze della ribellione armata di Wagner non si sono ancora concluse e resta da vedere come verrà attuato l'accordo, se tutte le parti coinvolte si adegueranno pienamente, cosa intendono fare il Cremlino e il Ministero della Difesa russo con il personale di Wagner, e se i combattenti» della milizia mercenaria «coopereranno, indipendentemente dai desideri di Prigozhin».
La solitudine di Prighozin - Una buona parte dell'ultima analisi firmata ISW si concentra sull'isolamento nel quale si sarebbe trovato Prighozin nella giornata cruciale di sabato. Le colonne in movimento verso Mosca contavano probabilmente 4000 uomini e un numero imprecisato di mezzi, in maggior parte camion e altri veicoli non blindati. A essere mancato è stato, secondo gli esperti, il sostegno dei militari a questa operazione. Avere l'esercito al proprio fianco «avrebbe rafforzato le forze e le capacità della ribellione». Ecco quindi che «Prigozhin potrebbe essere diventato più incline ai presunti negoziati con Lukashenko man mano che queste forze insufficienti si avvicinavano a Mosca e che il tempo stava scadendo per raccogliere il necessario supporto militare per un potenziale conflitto armato con il Ministero della Difesa». In queste ore i vari commentatori ultranazionalisti russi appaiono spaccati: c'è chi loda le varie parti per aver evitato un bagno di sangue (costato la vita comunque ad almeno una dozzina di aviatori), mentre altri criticano la lentezza delle strutture interne russe nell'opporsi all'avanzata di Wagner e di come siano state mostrate agli occhi del mondo tutte le lacune e le spaccature di un meccanismo apparso più che mai fragile e debole.
Il possibile successore di Shoigu - È sempre Meduza a chiedersi se l'accordo raggiunto con la mediazione di Lukashenko preveda alcuni cambiamenti ai vertici del Ministero della Difesa di Mosca. Non è un segreto per nessuno che i due principali "nemici" di Prighozin siano il ministro Sergei Shoigu e il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Altre fonti russe fanno il nome di Alexei Dyumin quale possibile sostituto di Shoigu. L'attuale governatore della regione di Tula è un ex ufficiale di sicurezza di Putin e, soprattutto, l'ex capo delle forze per le operazioni speciali russe. Un avvicendamento di così alto livello, evidenzia l'ISW, non sarebbe privo di conseguenze politiche. «Qualsiasi cambiamento alla leadership del Ministero della Difesa rappresenterebbe in particolare una vittoria significativa per Prigozhin, che ha giustificato la sua ribellione armata accusando direttamente Shoigu e Gerasimov della morte di decine di migliaia di soldati russi in Ucraina».
Shoigu è al fronte - In queste ore Shoigu è tornato a mostrarsi al fronte: secondo un comunicato del suo ministero ha ispezionato il posto di comando avanzato dello schieramento occidentale nella zona delle operazioni speciali. Shoigu ha ordinato ai vari comandanti «di continuare la ricognizione attiva al fine di rivelare in anticipo i piani del nemico e impedirne l'attuazione sui lontani approcci alla linea di contatto».
Che ne sarà di Wagner? - Nel corso della giornata di domenica sono proseguiti gli spostamenti delle milizie Wagner verso le proprie basi. «Il fatto che Wagner stia tornando ai propri campi di addestramento con equipaggiamento militare indica che il Cremlino intende mantenere almeno alcuni elementi» di questo strumento bellico grandemente utilizzato in Ucraina «piuttosto che cercare di smobilitarli immediatamente, sebbene il futuro del comando e della struttura organizzativa di Wagner non sia chiaro». È ancora troppo presto per parlare del futuro dell'organizzazione ed è possibile che nelle prossime ore ne sapremo qualcosa di più, magari da Yevgheny Prighozin in persona.