Trump dovrà presentarsi quattro volte in tribunale. Il primo appuntamento è per il 4 marzo, alla vigilia del Super Tuesday delle primarie.
WASHINGTON - Comincia a riempirsi di appuntamenti con le aule di giustizia l'agenda del candidato-imputato Donald Trump, mentre il mondo comincia a prendere in considerazione l'ipotesi di un suo ritorno alla Casa Bianca, tra i timori dell'Occidente e le speranze di Russia e Cina.
Il primo dei quattro processi penali che incombono su di lui è stato fissato per il 4 marzo a Washington, proprio alla vigilia del Super Tuesday delle primarie presidenziali, quando andranno al voto almeno 15 Stati americani. Si tratta del procedimento più emblematico, quello federale che lo vede accusato di una cospirazione per sovvertire l'esito delle elezioni 2020 e bloccare il pacifico trasferimento del potere, culminata nell'assalto al Capitol dei suoi fan.
La data è stata decisa dalla giudice Tanya Chutkan, dopo aver respinto le proposte opposte delle parti: l'accusa aveva suggerito il 2 gennaio, la difesa addirittura l'aprile del 2026, quasi un anno e mezzo dopo le prossime elezioni, per l'enorme mole di documenti da consultare. «C'è un interesse pubblico straordinario per un processo rapido», ha insistito la procuratrice Molli Gaston, spiegando che l'imputato «è accusato di crimini storici», trattandosi di un presidente in carica al momento dei fatti.
«Voi volete un processo show, non un processo rapido», ha protestato uno dei legali del tycoon contro i pubblici ministeri. Ma la giudice Chutkan - nominata dall'ex presidente democratico Barack Obama - è stata inflessibile, ignorando anche la richiesta della difesa di tener conto della candidatura del tycoon: «Il signor Trump, come ogni imputato, dovrà far sì che la data del processo vada bene indipendentemente dal suo programma» elettorale, ha puntualizzato, stabilendo la priorità della giustizia sulla campagna e sottolineando che il 4 marzo non ha alcun carattere di frettolosità visto che il processo si aprirà tre anni, due mesi e sei giorni dopo il famigerato 6 gennaio.
Resta da vedere se questa data, che rischia di eclissare il Super Tuesday, favorirà o penalizzerà the Donald, in crescente ascesa nei sondaggi incriminazione dopo incriminazione.
L'ex presidente dovrà comunque fare la spola tra comizi e tribunali: il 25 marzo inizierà a New York il dibattimento per i pagamenti alla pornostar Stormy Daniels, il 20 maggio quello per le carte segrete di Mar-a-Lago (Forida). Ancora da fissare il quarto processo per i tentativi di sovvertire il voto in Georgia.
Il pubblico ministero Fani Willis ha proposto il 23 ottobre, ma il giudice Scott McAfee - nominato a inizio anno dal governatore repubblicano della Georgia Brian Kemp, un critico di Trump - ha finora concesso questa data solo a uno dei 19 imputati, mentre a breve deve decidere sull'istanza dell'ex chief of staff della Casa Bianca Marc Meadows di trasferire il caso a una corte federale, dove spera di essere prosciolto in virtù dell'immunità che copre i funzionari governativi.
Intanto il tycoon - che continua ad attaccare i suoi inquisitori sulle reti sociali - dovrà presentarsi in tribunale ad Atlanta (Georgia) il 6 settembre per dichiararsi colpevole o innocente (come ha fatto finora), dopo l'arresto con storica foto segnaletica in carcere che finora gli ha fruttato 7 milioni di dollari (6,2 milioni di franchi) in due giorni nella raccolta fondi.
Il mondo invece, secondo il quotidiano statunitense The Wall Street Journal, comincia a contemplare seriamente l'ipotesi di una sua vittoria. Con preoccupazione l'Occidente, che teme una nuova guerra dei dazi, l'uscita degli Usa dalla Nato o il suo indebolimento, la fine del sostegno a Kiev e il voltafaccia agli alleati asiatici di fronte a Pechino. Con speranza la Russia e la Cina, che intravvedono rispettivamente la possibilità di una svolta in Ucraina e a Taiwan (in cambio di concessioni commerciali).