Le parole pronunciate dal Pontefice alla Rsi continuano a essere interpretate, decontestualizzate, precisate. Ma ce n’è davvero bisogno?
ROMA - Si continua a "fare le pulci" alle parole di pace del Papa e si leggono interpretazioni al pensiero del Pontefice ormai da due giorni, dovunque. Inutile a questo punto riassumere per l'ennesima volta quelle che sono state le reazioni internazionali - pro e contro - e le precisazioni, soprattutto interne al Vaticano, perché entrare nel merito della cronaca di questi giorni sarebbe continuare ad alimentare un'inutile diatriba, come non bastasse quella che ha portato al massacro russo ucraino.
Quello che invece ci interessa e che ci apprestiamo a fare è un passo indietro, chiedendoci cosa effettivamente ha detto il Papa ai microfoni di Rsi. Forse, bandiera bianca? No. O meglio sì, lo ha detto, ma non subito e non di sua iniziativa. Per intenderci, è stato il giornalista ad anticiparlo e a dire testuale che per qualcuno «ci vorrebbe la resa, la bandiera bianca della resa», aggiungendo poi che questo sarebbe però «legittimare la legge del più forte», fino ad arrivare poi alla domanda: «È giusto o sbagliato pensarla così?».
È a questo punto che il Vescovo di Roma si accoda al ragionamento, per rispondere che sì, questa «è un'interpretazione, è vero», sottintendendo quello appena suggerito dal suo interlocutore, e cioè che bandiera bianca equivarrebbe a una resa.
Oltre la dinamica conflittuale - Ma Francesco argomenta il suo sì «è vero», aggiungendo qualcosa che non si presta a interpretazioni, e non ce ne voglia né la Sala stampa vaticana né il segretario di Stato Cardinale Parolin, che invece aveva voluto poi spiegare che «la prima condizione (al negoziato, ndr) è quella di mettere fine all'aggressione». Perché il Papa esce dal contesto di un solo responsabile, "del prima tu, dopo io" e va oltre la dinamica del conflitto, quasi a rievocare il "porgi l'altra guancia", ma col fine ultimo di non ricevere più percosse.
Eccolo quindi spiegare: «Credo che è più forte chi pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca». Sventolio - che sia di resa o di pace o di richiesta di dialogo - che è quindi inequivocabilmente calato nel campo della resa, che aveva ampiamente contestualizzato a inizio intervista il giornalista. Con uno step successivo, e lo dice Papa Francesco: «Negoziare, con l'aiuto delle potenze internazionali».
«Non avere vergogna» - E negoziato é sì «parola» non di resa ma «coraggiosa». «Quando tu vedi che sei sconfitto - continua Francesco - che la cosa non va: avere il coraggio di negoziare». È questa una vergogna? Si chiede poi il capo della Chiesa, che aggiunge, «ma se continui così, quanti morti e poi? Finirà peggio ancora». Ecco dunque l'urgenza di «negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore». Con l'ultima puntualizzazione: «Non avere vergogna di negoziare, prima che la cosa sia peggio».
Bandiera bianca & Diritto internazionale - Il Quotidiano Avvenire invece oggi mette sul suo portale una foto del Pontefice, non a caso con la bandiera ucraina, e percorre la strada dell’interpretazione, lo fa intervistando un esperto, al quale domanda cosa significhi nel Diritto internazionale "bandiera bianca". «Un segnale esplicito di richiesta di colloquio - risponde al quotidiano cattolico Marco Mascia, professore di Relazioni internazionali all'Università di Padova - Per intenderci: "Veniamo in pace"», perché «con la bandiera bianca si vuole avviare un negoziato, non arrendersi».
Ma il Papa, lo abbiamo ascoltato ormai tutti, ha detto: «È più forte chi pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca». Non solo il coraggio di chi chiede il dialogo ma soprattutto quello di chi abbassa per primo le armi, nel tentativo di tornare al tavolo dei negoziati. Un concetto, a quanto pare, politicamente scorretto.