Lo sparatore di Trump voleva emulare l'assassino di JFK. L'FBI: «È un dettaglio significativo di quale fosse il suo stato d'animo».
WASHINGTON - L'attentatore dell'ex presidente repubblicano degli Usa e candidato alle presidenziali di novembre Donald Trump ha cercato in rete informazioni sull'assassinio di John Fitzgerald Kennedy, concentrandosi sulla distanza da cui Lee Harvey Oswald sparò con successo all'allora presidente uccidendolo e sconvolgendo l'America. Un «dettaglio significativo che descrive il suo stato d'animo», ha detto il direttore della polizia federale (Fbi) Christopher Wray in un'audizione in Congresso.
Le indagini proseguono e gli investigatori «non lasceranno nulla di intentato», ha assicurato Wray, confermando che il 20enne sparatore ha fatto volare un drone nell'area del comizio di Trump due ore prima che l'ex presidente prendesse la parola.
Le ultime immagini diffuse su quanto accaduto il 13 luglio a Butler (Pennsylvania) mostrano il corpo senza vita del giovane adulto e il caos di agenti, cecchini e polizia sul tetto da dove aveva sparato.
Il movente del tentato assassinio non è ancora chiaro dopo oltre dieci giorni, fra la frustrazione del Congresso e degli americani. E mentre la polemica contro le carenze del Secret Service non si allenta, l'agenzia ha suggerito alla campagna di Trump di rinunciare ai comizi all'aperto e preferire eventi al chiuso, così da facilitare i controlli.
Lo United States Secret Service (abbreviato Secret Service o USSS), in italiano chiamati anche Servizi segreti statunitensi, è un'agenzia del governo federale degli Usa controllata dal Dipartimento della sicurezza interna incaricata nella protezione dei presidenti degli Stati Uniti, delle rispettive famiglie, dei candidati alle presidenziali e dei capi di stato in visita negli Stati Uniti.
Cosa deciderà però lo staff dell'ex presidente non è ancora chiaro. La campagna infatti è tutta concentrata a rivedere la sua strategia per fronteggiare l'attuale vicepresidente statunitense nonché, quasi certamente, candidata democratica alle presidenziali di novembre Kamala Harris fermando il suo momento positivo e spuntandole le armi.
Proprio per questo è stata presentata una denuncia alla Commissione federale elettorale per cercare di impedire che la vicepresidente possa accedere ai fondi della campagna elettorale di Joe Biden, presidente in carica e, fino a qualche giorno fa, candidato alla propria rielezione. Parlando di una «rapina da 91,5 milioni» di dollari (82 milioni di franchi), il legale dello staff dell'ex presidente ha spiegato come consentire a Harris di accedere ai fondi del precedente candidato «costituirebbe la più grande violazione nella storia del Federal Election Campaign Act del 1971». Secondo gli esperti, Harris ha tutto il diritto di accedere alle risorse in quanto era già parte del ticket presidenziale, ma non è chiaro come si esprimerà la Federal Election Commission.
Mentre il presidente della Camera dei rappresentanti degli Usa (speaker), il repubblicano Mike Johnson, continua a invitare i repubblicani ad abbassare i toni su Harris e sulla sua razza - anche se lui stesso l'ha definita «un prodotto delle politiche per la diversità, l'equità e l'inclusione» -, un deputato conservatore ha presentato una risoluzione per un procedimento di rinvio a giudizio (impeachment) contro la vicepresidente.
Negli articoli introdotti per la messa in stato di accusa di Harris, Andy Ogles l'accusa di aver dimostrato una «straordinaria incompetenza nell'esecuzione di doveri» in particolare sull'immigrazione, uno dei dossier che Biden le aveva affidato. Harris ha mostrato un «forte rifiuto» ad attuare le leggi esistenti sull'immigrazione e una «palpabile indifferenza verso gli americani che soffrono a causa della crisi al confine» con il Messico, ha osservato Ogles.
Il tentativo di impeachment difficilmente porterà i risultati sperati dal deputato del Mississippi, ma conferma l'intenzione dei repubblicani di usare tutti i mezzi a loro disposizione per fermare Harris e consentire a Trump di conquistare la Casa Bianca.