Il Medio Oriente sta attraversando le settimane di transizione come in una bolla
TEHERAN - Dal cinque novembre i fronti più caldi del mondo vivono un tempo sospeso, in attesa dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca a gennaio. Il Medio Oriente sta attraversando le settimane di transizione come in una bolla, in cui gli attori principali accelerano o congelano le azioni militari, a seconda delle aspettative.
Funzionari iraniani hanno dichiarato a Sky news Arabia che Teheran sta rimandando l'annunciato attacco allo Stato ebraico - in risposta ai raid israeliani del 26 ottobre - in attesa di avviare negoziati con il presidente eletto degli Stati Uniti.
Il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Abbas Araghchi ha ammesso: «I canali di comunicazione con gli Usa sono ancora aperti». Nel linguaggio ambiguo della diplomazia di Teheran il presidente iraniano Masoud Pezeshkian aveva affermato martedì che la sua amministrazione crede «nell'affinità con gli amici e nella tolleranza verso i nemici: Che ci piaccia o no, alla fine dovremo incontrare gli Stati Uniti nelle arene regionali e internazionali», aveva dichiarato.
Da Washington le parole dell'inviato di Joe Biden per il Medio Oriente Amos Hochstein sulla possibilità «di garantire presto un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah» hanno creato un clima positivo, ma, dicono gli analisti israeliani, anche se l'amministrazione Usa e il governo di Benyamin Netanyahu sono d'accordo (con il sostegno di Parigi) nessun negoziato sarà siglato ufficialmente tra Israele e Libano poiché «Beirut non accetterà nulla a cui Hezbollah non acconsenta».
Il neo ministro della Difesa isreaeliano Israel Katz ha tuttavia dichiarato: «Non faremo alcun cessate il fuoco, non toglieremo il piede dall'acceleratore e non permetteremo alcun accordo che non includa il raggiungimento dei nostri obiettivi di guerra. Continueremo a colpire Hezbollah ovunque», ha detto. L'Idf ha annunciato di aver ampliato le sue operazioni di terra nel Libano meridionale, dove sei militari israeliani sono rimasti uccisi in scontri con i miliziani sciiti. L'esercito continua inoltre a lanciare raid contro obiettivi di Hezbollah nella zona meridionale di Beirut dopo aver pubblicato diversi avvisi di evacuazione per la popolazione civile.
Intanto la Jihad islamica palestinese ha pubblicato un video dell'ostaggio russo-israeliano Alexander (Sasha) Trufanov, rapito 404 giorni fa nel kibbutz Nir Oz. Non è chiaro quando sia stato girato il filmato nel quale il giovane dice di avere 28 anni, ma che è stato pubblicato due giorni dopo il suo 29mo compleanno, il secondo trascorso da prigioniero a Gaza.
Nelle immagini Sasha descrive la carenza di cibo, acqua e prodotti igienici, aggiungendo di avere una malattia della pelle che non aveva prima di essere rapito. Ed esorta i cittadini israeliani a chiedere al governo di raggiungere un accordo per il rilascio di tutti gli ostaggi: «Non dimenticateci», è l'appello mentre afferma che l'operazione dell'Idf non fa che metterli in pericolo.
La madre - anche lei rapita e rilasciata il 29 novembre dello scorso anno insieme con la nonna di Sasha su richiesta del presidente russo Vladimir Putin - si è detta «felice di vedere il figlio vivo, ma molto preoccupata per ciò che sta passando». E ha chiesto al governo israeliano e all'Idf: «Salvate mio figlio, immediatamente».