Lo affermano i ricercatori dell'Università della California a Davis
LOS ANGELES - I primissimi mesi della pandemia negli Stati Uniti sono stati segnati da un boom delle vendite di armi da fuoco. Non era difficile vedere immagini di file di persone in fila all'esterno dei negozi, in attesa di comprare pistole o fucili. Da marzo a maggio gli americani avrebbero comprato 2,1 milioni di armi in più rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
Una conseguenza di questa corsa all'acquisto - secondo la stima tratta studio di ricercatori dell'Università della California a Davis - è l'aumento dell'8% della violenza legata alle armi da fuoco negli Usa. Per un totale di 776 feriti in più.
Lo studio, riferisce il Guardian, è il primo che quantifica i dati legati all'acquisto di armi da fuoco durante la pandemia di coronavirus. Al momento non è stato ancora compiuto il processo di revisione paritaria e manca la pubblicazione su una rivista scientifica, ma «volevamo che la ricerca uscisse il più presto possibile, perché ci sono ovviamente delle importanti implicazioni per la salute e la sicurezza pubblica» ha dichiarato una delle autrici, Julia Schleimer, che si occupa di analizzare i dati per il Centro di ricerca sulla violenza delle armi da fuoco dell'ateneo californiano.
La ricerca ha mostrato che in alcuni stati, che avevano un basso tasso di criminalità prima dell'inizio della pandemia, la correlazione tra aumento della vendita di armi e crescita dei reati appare piuttosto forte.