Il volto di alcuni dei feriti dopo il disastro dello scorso 4 agosto, nel porto della capitale libanese
L'esplosione ha provocato almeno 178 morti e oltre 6'000 feriti. Gli sfollati sono oltre 300mila.
BEIRUT - Poco più di due settimane fa, una violentissima esplosione ha devastato parte della città di Beirut, uccidendo almeno 178 persone (alle quali si sommano almeno una trentina di dispersi) e provocando oltre 6'000 feriti. Un disastro, letteralmente, che ha lasciato profonde cicatrici, non sempre visibili, su tutta la popolazione libanese.
Il fotografo Hassan Ammar ha immortalato l'intensità di quel dolore in alcuni scatti che ritraggono alcuni protagonisti, involontari, di quella tragedia. I volti sfregiati; i punti di sutura; l'ombra dei lividi; gli occhi spesso sbarrati, se non del tutto chiusi. Qualcuno, come la piccola Yara - 4 anni -, accenna un timido sorriso; ma lo sguardo tradisce ancora la paura.
Shady Rizk, ingegnere informatico di 32 anni, è uno dei volti catturati da Ammar. Le cicatrici segno il suo volto trasversalmente dalla guancia sinistra al lato destro della fronte. Shady è l'autore di uno dei filmati che abbiamo visto più volte in queste due settimane.
Quando tutto è avvenuto si trovava in ufficio, al quinto piano di un edificio in vetro, a circa 400 metri dal quell'hangar, zeppo di nitrato d'ammonio. «Non riuscivo a vedere nulla all'inizio; c'era il vuoto totale», ha raccontato all'Associated Press. In quel limbo ha trascorso una ventina di minuti, poi ecco i soccorsi. «Credo abbiano sentito le nostra urla e così qualcuno è arrivato e ci ha portato in ospedale».
Il 32enne è stato travolto dall'onda d'urto e da una pioggia di schegge di vetro e sa che porterà con sé quei segni per tutta la vita. In tutto 350 punti di sutura. Cicatrici che, ha detto, «resteranno sulla mia faccia e sul mio corpo e racconteranno la mia storia».