Per tutti l'accusa è negligenza: non hanno fatto nulla per smaltire dal porto il pericoloso carico di nitrato di ammonio
BEIRUT - Ci sono quattro incriminazioni per la maxi-esplosione avvenuta lo scorso 4 agosto nel porto di Beirut, che distrusse una vasta area della capitale libanese e che costò la vita a centinaia di persone.
Si tratta, come riferito dall'agenzia stampa statale, dell'ex primo ministro Hassan Diab e di tre ex ministri: Ali Hassan Khalil (Finanze), Ghazi Zaiter (Lavori pubblici) e il suo successore Youssef Fenianos. Tutti sono accusati di negligenza, per aver permesso l'accumulo di una ingente quantità di nitrato di ammonio (circa 2750 tonnellate) in un deposito nei pressi del porto. Fu proprio a causa di questo composto chimico - usato in agricoltura ma anche nella fabbricazione di bombe - che si verificò la deflagrazione, come fu chiaro fin dalle prime indagini. I successivi studi hanno accertato che si è trattato di «una delle più forti esplosioni (non nucleari) di sempre».
Le autorità locali e i funzionari della sicurezza sapevano da anni dell'esistenza di quel nitrato di ammonio, arrivato su un cargo russo nel 2013, ma si erano sempre disinteressate del suo smaltimento. Diab - che sta proseguendo come premier ad interim, in attesa della formazione di un nuovo governo - si era dimesso pochi giorni dopo la tragedia, insieme a tutto il suo governo. I responsabili dell'inchiesta per accertare le responsabilità dell'incidente del porto di Beirut sono stati accusati, prima di oggi, di eccessiva lentezza e di non aver voluto perseguire gli alti livelli della politica e dell'amministrazione libanese. Nei giorni immediatamente successivi all'esplosione furono arrestate 16 persone, tra le quali il direttore generale del porto di Beirut.