Sette persone uccise in un attacco legato ai diritti di pascolo. Ma sullo sfondo tensioni razziali
ISTANBUL - Sette membri di una famiglia curda sono stati uccisi nella Turchia centrale da assalitori armati che hanno cercato di bruciare la loro casa, in quello che gli attivisti per i diritti hanno definito come un attacco razzista.
La famiglia Dedeoglu era stata gravemente ferita in un altro attacco a metà maggio dai vicini che li avevano avvertiti che «non lasceranno vivere i curdi» nella regione di Konya.
Una della vittime si era lamentata a metà luglio del fatto che la polizia e i giudici erano stati parziali nei confronti degli aggressori di maggio, che erano stati liberati, e aveva riferito che la famiglia temeva per la propria vita.
Abdurrahman Karabulut, avvocato della famiglia uccisa, ha affermato che la liberazione degli autori del primo attacco ha segnato l'impunità. «Questo è stato un attacco completamente razzista... la magistratura e le autorità sono responsabili di quanto è successo», ha detto Karabulut ad Arti TV.
Si tratta del secondo attacco mortale ai curdi in un mese a Konya, dove il 21 luglio, un contadino curdo è stato ucciso in un villaggio da aggressori che gridavano «non vogliamo i curdi qui». Le autorità locali hanno affermato che l'omicidio è stato conseguenza di una contesa sui diritti di pascolo.
Il presidente Erdogan non si è ancora pronunciato sulla vicenda, ma i media turchi riferiscono dell'arresto di una decina di persone collegate alla strage, che sarebbe dovuta «a una contesta tra due famiglie vicine che avevano relazioni problematiche da 11 anni».