Lo ha richiesto il gip di Venezia in merito alla presunta compromissione dei campioni con il Dna dell'assassino
VENEZIA - Letizia Ruggeri, pubblico ministero nel processo di primo grado per l'omicidio di Yara Gambirasio avvenuto nel novembre 2010 in provincia di Bergamo, è stata iscritta nel registro degli indagati dal Giudice per le indagini preliminari (gip) di Venezia Alberto Scaramuzza.
La decisione, spiegano i media italiani, arriva al termine dell'udienza di opposizione all'archiviazione presentata dagli avvocati di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per il delitto. Il punto centrale della questione è la conservazione dei reperti dell'inchiesta, contenenti i 54 campioni di Dna nei quali era contenuto il codice genetico di Ignoto 1, ovvero il killer. In seguito a una mappatura senza precedenti gli inquirenti abbinarono quel profilo a quello di Bossetti, muratore di Mapello.
Il team legale che segue Bossetti sostiene che, nel corso del trasporto dall'ospedale San Raffaele di Milano all’Ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo, la catena del freddo è stata interrotta e ciò avrebbe compromesso in modo irreparabile i campioni, rendendo impossibili eventuali nuove analisi.
«A fronte di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa dell’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo, in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri» ha scritto Scaramuzza «si impone la necessità di un’estensione soggettiva dell'iscrizione nei suoi confronti in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale), reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato». Archiviate invece le posizioni del presidente della Corte d’Assise bergamasca Giovanni Petillo e della funzionaria dell’Ufficio corpi di reato Laura Epis.
Il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani ha così commentato la notizia: «Resto francamente sorpreso che dopo tre gradi di giudizio, dopo sette rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reperti e dei campioni residui di Dna, dopo che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività, si imputi ora al pm (Ruggeri, ndr) il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crio conservati in una cella frigorifera dell’Istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il codice di procedura».