Le recenti dichiarazioni di Donald Trump inducono i Paesi europei a ripensare la loro politica di sicurezza collettiva
BRUXELLES - Da quando Donald Trump ha invitato la Russia ad attaccare i Paesi membri della Nato che non accordano il 2% del proprio Pil alle spese militari, la politica di sicurezza europea è andata in tilt.
Sulle dichiarazioni di Trump si era espresso anche il segretario generale della Nato: «Ogni affermazione in cui si parli della possibilità che i Paesi membri non si difendano reciprocamente mette a rischio la sicurezza di tutti», aveva dichiarato, alludendo alla necessità di rispettare il cardine portante delll'Allenaza atlantica: la clausola di difesa reciproca.
I leader europei temono che Trump, se rieletto a presidente degli Stati Uniti, non rispetti gli impegni presi e si rifiuti di intervenire militarmente nel caso in cui la Russia attaccasse un Paese membro. A Bruxelles si sta dunque parlando di ridisegnare la politica di sicurezza europea.
In particolare la Gran Bretagna e la Francia si collocano al centro delle discussioni. Entrambi possiedono armamenti nucleari propri e sarebbero propensi a sostituirsi all'ala protettrice Stati Uniti se il tycoon vincesse le presidenziali, mettendo a disposizione il proprio «scudo nucleare protettivo».
In un articolo apparso sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, un ministro tedesco ha dichiarato che «le armi nucleari strategiche di Francia e Gran Bretagna stanno già contribuendo alla sicurezza europea». Risulta quindi necessario «interpretare le recenti dichiarazioni di Trump come un invito a ripensare» la loro funzione nell'infrastruttura di sicurezza europea «sotto l'ombrello della Nato».
A quali condizioni Londra e Parigi sarebbero disposte a mantenere o espandere le proprie capacità nucleari per proteggere l'Europa? «Quando si parla di pace e libertà, non bisogna sottrarsi a domande difficili», ha sottolineato il ministro. Ma soprattutto, sarebbero disposti a consegnare il proprio arsenale alla Nato? La Francia non è del tutto contraria alla proposta. Già nel 2020 il presidente Emmanuel Macron aveva proposto una collaborazione in ambito nucleare, annunciando un «nuovo capitolo» nella politica di sicurezza europea.
Il presidente del Partito popolare europeo (Ppe) Manfred Weber ha dichiarato: «Macron ha proposto di parlare dell'importanza delle armi nucleari per l'Europa. Ora che Donald Trump ha messo in discussione il ruolo degli Stati Uniti come protettore, è il momento di farlo». Un invito anche al Regno Unito: «Lo stesso vale per i britannici, con cui è necessario avviare un nuovo capitolo di cooperazione dopo la Brexit».
Sui Paesi non allineati alle politiche di Mosca grava «una minaccia alla sicurezza nazionale». Lo aveva affermato, nei giorni scorsi, il capo della Commissione Intelligence della Camera statunitense Mike Turner, in riferimento allo sviluppo di un sistema di difesa nucleare da parte della Russia. In un momento del genere, la costruzione di uno «scudo nucleare europeo» sembra più pressante che mai.