Ecco le posizioni dei singoli Paesi Alleati sull'eventuale rallentamento alle restrizioni sulle armi e il punto di giornata da Praga.
PRAGA - I ministri degli esteri della Nato si ritrovano a Praga per fare il punto in vista del summit di Washington, previsto a luglio. Sul tavolo ci sono diversi temi da trattare - i piani di deterrenza verso la Russia, la nomina del nuovo segretario generale - ma nessuno nasconde che sarà di nuovo l'Ucraina a dominare la discussione. Perché l'offensiva a Kharkiv desta «seria preoccupazione» e la situazione sul campo resta tesa.
E dunque il dibattito sulle restrizioni per l'uso delle armi fornite a Kiev - rimuoverle o meno - entra nel vivo, con ormai la maggioranza degli alleati nel campo dei "falchi". «Stiamo facendo passi avanti», assicura il ministro ceco Jan Lipavskì. Ma, naturalmente, la vera svolta a questo punto verrebbe dagli Usa.
Lo spettro del nucleare - Mosca osserva l'evolversi del quadro con una certa apprensione. Perché sa che, se prevarrà la linea interventista, non potrà più muovere le truppe con disinvoltura al di là del confine (e sganciare le bombe aliante in tutta sicurezza). Quindi minaccia ritorsioni e accusa la Nato di fomentare l'escalation.
Il ministro degli esteri Serghei Lavrov evoca piani di «deterrenza nucleare» se gli americani attueranno il «dispiegamento di missili terrestri a medio e corto raggio», mentre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov punta il dito contro gli alleati perché "stanno spingendo in ogni modo possibile l'Ucraina a continuare questa guerra senza senso".
In realtà, a ben vedere, la belligerante Nato ha pure i suoi problemini (per la gioia del presidente russo Vladimir Putin). L'Alleanza - stando a quanto sostiene il "Financial Times" - sarebbe in grado al momento di fornire «meno del 5%» delle capacità di difesa aerea ritenute necessarie per proteggere i suoi membri in Europa centro-orientale da un attacco su larga scala.
Le parole di Jens Stoltenberg e del ministro ceco - Lipavskì - ricordando che i tank sovietici stroncarono la primavera cecoslovacca, proprio a Praga - ha ribaltato la narrazione. «Mosca ha deciso per l'escalation: Putin, dopo l'inaugurazione, si sente forte, ha decretato l'offensiva a Kharkiv e vediamo tentativi di sabotaggio in paesi della Nato, come Polonia e Regno Unito: sono certo che avverranno maggiori provocazioni di questo tipo», ha avvisato. «Dobbiamo reagire in modo appropriato e mostrare forte impegno a difenderci». E per garantire la sicurezza in Europa bisogna fermare i russi in Ucraina.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a Praga ha spronato nuovamente gli alleati, soprattutto i recalcitranti. «Kiev continua a combattere con coraggio ma le sfide che deve affrontare sono sempre più grandi e crescenti: può ancora prevalere solo, però, con un sostegno costante e solido da parte della Nato», ha rimarcato.
Le iniziative, va detto, si stanno moltiplicando. Con alterne fortune. Intanto c'è il gran piano proposto proprio da Stoltenberg per istituzionalizzare sotto l'ombrello della Nato il coordinamento degli aiuti e iniettare nuove risorse per il sostegno militare a Kiev (il famoso piano da 100 miliardi in 5 anni, che secondo voci non confermate potrebbe riconfigurarsi in 40 all'anno, da capire in che arco temporale). Ecco, se ne parla ma si registra un certo scetticismo sulla cifra precisa, se mai ci sarà. Il lavoro è in corso e maturerà in tempo per il summit di Washington.
Poi c'è lo scatto in avanti della Francia sul fronte dei "boots on the ground". Parigi sta per chiudere il lavoro e intende annunciarlo probabilmente nel corso della visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per le celebrazioni dello sbarco in Normandia. Nello specifico. È una coalizione dei volenterosi - fuori dal quadro della Nato - aperta ad altri alleati, come Polonia e Lituania. Si tratterebbe d'inviare in un primo tempo qualche decina di specialisti per individuare i bisogni di formazione e poi, in un secondo tempo, una missione di qualche centinaio di istruttori militari.
Si chiude con l'impegno di Praga sulle munizioni. La prima consegna massiccia sarà a giugno (50-100'000) pezzi, per poi procedere ogni mese fino a toccare quota 500'000 entro la fine dell'anno. È solo una questione di soldi. Sul mercato ci sono in pronta consegna "almeno" un altro milione di proiettili ma i russi non stanno con le mani in mano. Chi prima paga si accaparra i lotti. E solo 5 paesi - su 20 della coalizione - per ora hanno trasferito i fondi necessari.
Le posizioni dei paesi Nato sugli strike in Russia - Ecco come si pongono gli alleati della Nato - perlomeno quelli che inviano capacità militari - riguardo alla possibilità di rimuovere le restrizioni sull'uso delle armi fornite all'Ucraina, contemplando dunque la possibilità di colpire obiettivi militari in Russia e non solo nei territori occupati (inclusa la Crimea).
* FAVOREVOLI - Sulla base delle ultime dichiarazioni in questo campo si contano Finlandia, Svezia, Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Canada e Francia (con tutta probabilità anche la Romania).
* CONTRARI - Qui si contano Italia, Spagna, Belgio, Ungheria, Slovacchia e, probabilmente, Bulgaria.
* INDECISI - Stati Uniti e Germania.