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REGNO UNITO Fissate le date per il processo in appello di Assange

11.06.24 - 14:59
Il whistleblower è detenuto in un carcere di massima sicurezza londinese da oltre 5 anni
IMAGO
Fonte Ats ans
Fissate le date per il processo in appello di Assange
Il whistleblower è detenuto in un carcere di massima sicurezza londinese da oltre 5 anni

LONDRA - Sono state fissate dalla giustizia britannica per il 9 e il 10 luglio le due udienze sul nuovo ricorso in appello concesso il 20 maggio scorso contro la contestata estradizione di Julian Assange negli Usa, dove il fondatore di WikiLeaks rischia una condanna fino a 175 anni di reclusione (almeno sulla carta).

Il processo riguarda l'impossibilità d'un "giusto processo" denunciata dalla difesa in assenza di garanzie vincolanti da parte delle autorità di Washington sul diritto di Assange, in quanto cittadino australiano, d'invocare il Primo Emendamento della Costituzione americana a tutela della libertà di espressione: diritto ritenuto una condizione minima dai suoi avvocati, a fronte dell'inopinata imputazione di spionaggio di cui egli sarebbe chiamato a rispondere oltre oceano: imputazione basata sul draconiano Espionage Act, vecchio di oltre un secolo e mai utilizzato finora nella storia giudiziaria statunitense per un caso di pubblicazione sui media di documenti riservati.

Dopo i due giorni d'udienza, il collegio d'appello della Corte di Londra incaricato di riesaminare la questione dovrà poi esprimere un verdetto entro un termine variabile, al momento imprecisato.

Julian Assange, che compirà 53 anni il 3 luglio, è detenuto nel Regno Unito, nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh, da ormai oltre 5 anni, a dispetto degli appelli per la sua liberazione e delle denunce sulle sue sempre più precarie condizioni psico-fisiche di sostenitori, associazioni dei diritti umani (come Amnesty International), organismi internazionali (Onu inclusa), organismi di difesa dei giornalisti come Reporter Senza Frontiere ed esponenti politici o di governo di vari paesi.

Mentre è inseguito senza tregua dagli Usa da circa tre lustri per aver "osato" diffondere, a partire dal 2010, circa 700'000 file sottratti al Pentagono o al Dipartimento di Stato riguardanti attività militari e diplomatiche segrete americane, comprese rivelazioni su crimini di guerra commessi in Afghanistan e Iraq.

Arrestato nell'aprile 2019 da Scotland Yard dopo altri 7 anni trascorsi da murato vivo nel rifugio dell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, per sfuggire a una inchiesta parallela (altrettanto controversa) avviata contro di lui in Svezia per due denunce di presunti abusi sessuali (successivamente cadute nel nulla), il giornalista e attivista australiano - scaricato da Quito in seguito a un cambio di presidente - è da allora rinchiuso in isolamento a Belmarsh.

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le sollecitazioni al presidente Joe Biden a ritirare definitivamente anche l'accusa americana di spionaggio. Richiesta avanzata in modo formale dal governo laburista dell'Australia, paese alleato chiave sia degli Usa sia del Regno Unito, e che più di recente la Casa Bianca ha fatto sapere di "valutare": aprendo uno spiraglio alle speranze del fronte pro-Assange, guidato fra gli altri da sua moglie Stella, avvocata sudafricana, d'una soluzione politica tombale alla vicenda. Magari ancor prima della prossima sentenza britannica d'appello sull'estradizione.

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